ANTONIO MEZZANOTTE.
La Marsica è un luogo straordinario. Non si finisce mai di scoprirne e apprezzarne la storia, le bellezze naturali e quelle dell’ingegno umano.
Non lontano dal centro di Telespazio, ecco che ci si presenta Ortucchio (AQ), che merita di essere menzionato per almeno tre validi motivi.
In primo luogo, il castello: vasto, imponente, munito di fossato e ponte di accesso. Fu riedificato nel 1488 da Antonio Piccolomini, al quale lo zio papa Pio II aveva fatto investire da Re Ferrante la contea di Celano (di cui Ortucchio era parte), togliendola al figlio di Jacovella dei Marsi: pianta rettangolare con torrioni circolari agli angoli delle mura (di uno resta soltanto la base), portale con lapide originaria che riporta la data della ricostruzione ed il nome del feudatario, mastio quadrangolare con merlatura. Si tratta di uno dei più bei castelli d’Abruzzo (a mio avviso ancora poco conosciuto): la particolarità sta nel fatto che fino a quando non fu prosciugato il lago Fucino, tutta la struttura si ergeva su un’isola (o su una penisola, a seconda dell'incerto livello delle acque lacustri), come racconta il viaggiatore inglese Richard Keppel che la visitò nel 1835 e così come riporta su un disegno il suo connazionale Edward Lear nel 1843, con darsena interna per l'approdo direttamente dal Lago.
La seconda particolarità di Ortucchio sta nel laghetto posto all'ingresso del paese: è l’ultimo residuo dell’antico Lago Fucino, ricco di biodiversità , a testimonianza di quello che fu il terzo lago d'Italia per estensione.
Terzo motivo (ma non in ordine di importanza) per venire a Ortucchio è un cammino della fede, che lega questo angolo della Marsica alla Majella orientale e alla costa adriatica.
Si dice e si racconta, infatti, che un gruppo di monaci basiliani provenienti dalla valle dell’Aventino e, per la precisione, dal monastero di Prata, vicino Casoli (CH), si recava in pellegrinaggio alla tomba di San Pietro a Roma. Nella compagnia di monaci pellegrini erano presenti Nicola greco, Falco, Rinaldo e Franco (poi divenuti, per varie vicende, rispettivamente i Santi Patroni di Guardiagrele, Palena, Fallascoso di Torricella Peligna e Francavilla al mare).
Tra gli altri, vi era altresì un giovane monaco che, colto da malore e da febbre nei pressi del Fucino e, quindi, impossibilitato a proseguire, si ritirò nell'antica chiesa di S. Maria in Ortuclae o Ortuchìs (ricordata poi in un regesto farfense del XII sec.), edificata su una preesistente costruzione verso la fine dell'ottavo secolo.
Il monaco dimorava nella chiesa riposando sulla nuda terra e viveva di elemosina, ma un giorno, arso dalla febbre, raggiunse a stento la chiesa di cui, però, trovò chiuse le porte; allora s’inginocchiò per pregare e così fu raggiunto dalla morte. Le campane della chiesa incominciarono allora a suonare a distesa e il popolo, accorso, vide che i tralci secchi di vite, che componevano il povero giaciglio del monaco, avevano messo foglie verdi e grappoli d’uva matura. Il corpo fu così sepolto nella stessa chiesa e quell'anonimo frate pellegrino morto in preghiera venne chiamato Orante ("colui che prega") ed eletto patrono di Ortucchio.
Il santuario di Sant'Orante è una stratificazione di interventi, molti dei quali resisi necessari per le conseguenze devastanti dei terremoti (quello del 1915 in particolare). Sono da notare, tra l'altro, il portale ogivale di scuola siciliana con agnello crucifero (forse proveniente dalla vicina chiesa della Madonna del pozzo, appena fuori paese, in origine dipendenza casauriense e la cui presenza richiama culti bizantini e pugliesi) e quanto resta di un ciclo di affreschi, tra i quali segnalo un bel San Michele con la bilancia per la pesa delle anime vicino ad un giovane Santo (forse Giovanni Evangelista) e un grandioso Giudizio Universale (realizzato intorno al 1500), su due livelli, all'interno del quale risalta la raffigurazione dell'Angelo con la tromba dell’Apocalisse.