REMO DI LEONARDO.
Memorie biografiche e storiche di PASCASIO MARTINO NATALI.
Nel 1889 Pascasio Martino Natali autore di diverse Memorie Biografiche e storiche di personaggi illustri abruzzesi, pubblica, ad Atri (Te) per la Premiata Tipografia Donato de Arcangelis, “Domenico de Felici L’ULTIMO BARONE DI ROSCIANO Memorie biografiche e storiche”. La copertina è di colore bianco antico. Il libro è composto da 132 pagine, 18,5x14,5 cm.
Nella pagina successiva al frontespizio la dedica “A voi figli miei dilettissimi Francesco Rachele Edmondo Anna che siete sempre gaudio e sgomento ineffabile di tutti i miei pensieri consacro queste pagine”.
Il Barone Domenico De Felici, nacque a Pianella il 12 giugno del 1796 dai coniugi Vincenzo De Felici, Barone di Rosciano e Maria de’ Baroni Duchi Valignani della città di Chieti.
La famiglia de Felici, come viene riportato dallo studioso Alessandro Morelli nel suo lavoro in preparation sulla genealogia delle importanti famiglie pianellesi, è presente a Pianella sin dal XVII secolo ed acquisì le baronie su diversi territori, nei due rami della famiglia, agli inizi del XVIII secolo.
Nel XV sec. fu costituita la “Universitas Terrae Rusciani”, i cui statuti, garanzia ed orgoglio delle libertà roscianesi, limitarono l’azione ed il potere dei numerosi Signori che, dopo circa due secoli di mite dominio della città di Chieti (1410-1599), acquistarono il prestigioso titolo di Baroni di Rosciano, come è documentato anche in una celebre causa del 1774 che vide opposta l’Università contro le pretese del Barone. Fra gli altri feudatari che dal 1599 si succedettero nel possesso di Rosciano (appartenenti a famiglie nobili come i Valignani di Chieti, i Nicelli da Piacenza, i de Felici da Pianella), è da ricordare il Barone Domenico de Felici (1796-1881), che portò il nome del proprio feudo nelle aspre battaglie del 1821 in difesa della Costituzione Napoletana. Il 6 luglio 1820 Ferdinando I di Borbone concesse al popolo napoletano la Costituzione.
Quando a Pianella era Gran Maestro Pasquale Sabucchi gli fu dignitario il barone Domenico de Felici.
“Gli fu ventura nascere di casa patrizia che mai andò povera di buoni esempi e di schiette virtù. Essa si onora tuttavia d’avere dato i natali a personaggi che furono commendevoli e per specchiatezza di vita e santità di costumi, come per eletto ingegno o per alti uffici civili ed ecclesiastici valentemente sostenuti.
Il padre di Domenico era uomo all’antica, di rigida probità, di vita esemplare e cristiana, moderatissimo in ogni desiderio e in ogni atto, ma ardente di libertà, come tutti del suo tempo che, spettatori non inerti della grande rivoluzione francese, eran servi si, ma servi ognor frementi.
La madre di lui, compiuta signora, adorna d’ogni più bella virtù che cara e amabile rende la donna, mostra vasi destinata a rivelar sempre tutta una storia di amore. Entrambi i genitori solleciti e circospetti del governo disè e della famiglia, allevarono il piccolo Domenico in una vita sobria, cristiana e civile”. (1)
Il libro narra della visita di Pascasio Martino Natali avvenuta a Pianella nel Palazzo detto di Madama (con riferimento a Margherita d'Austria che mai vi soggiornò), oggi palazzo De Felici-Curato in Piazza Diaz dove ancora si presenta con il suo stile tardo seicentesco con rifacimenti importanti nel '700: un cortile interno al quale si accede da un portone barocco sormontato dal balcone.
Così ci descrive l’autore, l’arrivo nel palazzo vicino alla chiesa del Ss. Salvatore e l’incontro con il barone Domenico de Felici: “Con la sua facciata grigia e triste d’una severità di chiostro, imponente coi suoi muri gravi e il suo aspetto di noia signorile, levasi tutto solo nella sua deserta piazzetta che dalla vicina Chiesa prende il nome di S. Salvatore…Nella sua opulenta alterigia, fa visibile contrasto con le casette ammucchiate, vere stamberghe della gente povera, che qua e là, e giù negli scoscendimenti del colle reggendosi su mal ferme fondamenta, sembrano chinarsi umili e riverenti a lui, superbo e muto colosso (2).
“Il Palazzo con la piazzetta, sembrava morto come quei palazzi da racconti di fate, popolato di abitanti strani ed invisibili; e non parrebbe quindi irragionevole se pertanto il volgo vi ricamasse attorno le fiabe”. (3)
Come riporta Vittorio Morelli nel suolo libro La chiesa longobarda del S.s Salvatore (2016), la famiglia de Felici possedeva, nello stesso luogo di culto, una cappella con altare dedicato alla Ss. ma Trinità.
Pascasio Martino Nataliinsieme ad altri due amici che gli facevano compagnia entrarono nel palazzo ed accompagnati al piano superiore, in un’ultima camera, un servitore gli spalancò una porta; una volta entrati una verità inaspettata si rivelò agli occhi degli ospiti.“Vi troviamo gettato su una seggiola a braccioli un vecchio bianco per antico pelo, uno di quei vecchioni da leggenda che le nostre mamme, tanto buone e pur tanto credulone, ci rappresentano spesso nella confidente età dell’infanzia, allargandoci smisuratamente i confini della fantasia da risentirne i danni anche giovani fatti.” (4)
Si trattava dell’ultimo barone di Rosciano, San Giovanni e Villa Oliveti, Domenico De Felici, che da cinquant’anni viveva nel palazzo preso dalla “pazzia”.
Il servitore raccontò a Pascasio Martino Natali le ragioni della pazzia del barone di Rosciano “Ho sentito raccontare che cominciasse a ad uscir di sè per l’idea fissa d’aver ingoiato uno spillo c’è invece chi aggiunge che ciò è avvenuto per le battaglie del 1821. Altri poi dice che un amore sfortunato lo facesse dar di volta: insomma se ne contan tante ch’è difficile molto, per la lunghezza del tempo e pel segreto che se ne fece in sul manifestarsi del male, assegnare ora una causa a si grave sventura.” (5)
Pascasio Martino Natali resosi conto dell’impossibilità di un colloquio diretto e puntuale con il barone malinconicamente andò via. Uscì dal palazzo con un desiderio grandissimo di sapere di più della sua vita, ma ne ebbe solo notizie vaghe, cosicché il desiderio di sapere di lui venne pian piano a mancare sino a spegnersi.
Il narratore e cronista non pensava più al barone di Rosciano quando, come succede spesso, una inaspettata occasione riaccese in lui i sopiti desideri.
Un giorno di febbraio del 1881, qualche anno dopo la prima visita, saputo della morte del barone DomenicoDe Felici, tornò di nuovo a Pianella, e questa volta grazie alla disponibilità di qualche parente raccolse documenti, e dalle memorie di famiglia e dalle labbra del suo vecchio “servo” amico e confidente che con lui combatté le battaglie dell’Indipendenza nel 1821 scrisse questo libro che, oltre a raccontare le memorie storiche di un nobile del Risorgimento della nostra terra vestina, racchiude in esso una malinconica storia d’amore da cui ispirarsi per una eventuale sceneggiatura di un docufilm o una pièce teatrale storicobiografica dedicata a L’Ultimo Barone di Rosciano.
ARTICOLO APPARSO SUL PERIODICO "LACERBA" IL 7 GIUGNO 2019.
Bibliografia
NOTE
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