Il 1 marzo 1938 moriva il "Vate" G. d’Annunzio. Il Poeta Soldato e il legame fraterno con i legionari abruzzesi.

REMO DI LEONARDO.

02- marzo - 2022- Cultura.

Il Poeta Soldato e il legame fraterno con i legionari abruzzesi

Per l'Italia, l'esperienza di d'Annunzio e dei suoi legionari è stata per decenni un capitolo da nascondere: anche dopo la caduta del regime si credette al mito divulgato da Mussolini che volle fare di quell'Impresa il capitolo iniziale del fascismo.

A Fiume d'Annunzio raccolse tutte le diverse stagioni della sua vita: fu comandante  ma anche poeta, scrittore, drammaturgo, seduttore, esteta, rivoluzionario. 

L’impresa di Fiume matura nel clima della «vittoria mutilata», ovvero, della presunta sconfitta dell’Italia al tavolo negoziale di Parigi, a tradimento degli ideali risorgimentali e del sacrificio dei soldati caduti durante la Grande Guerra.

D’Annunzio si pose a capo nel settembre del 1919 di un gruppo di «legionari», cui presto si unirono anche truppe regolari dei  reparti del Regio Esercito (circa 2600 uomini tra fanteria e artiglieria) per andare a conquistare la città di Fiume, già asburgica, il cui possesso era stato inutilmente rivendicato dalla delegazione italiana alle trattative di Parigi  tra il Regno d'Italia e il Regno di Jugoslavia, organizzato da un fronte politico a prevalenza nazionalista. L'occupazione dei "legionari" dannunziani durò 16 mesi con lo scopo di influire la “Conferenza internazionale della pace”.

Il 12 settembre la spedizione, entrata in Fiume, ne proclamò l’annessione al Regno d’Italia, malgrado l’ostilità del governo di Roma. Il 12 agosto 1920 D’Annunzio proclamò lo Stato libero di Fiume e il 27 diffuse la Carta del Carnaro, ossia la costituzione del nuovo Stato detto più propriamente “Reggenza Italiana del Carnaro” che garantiva tutte le libertà e una struttura cooperativa, preparando così i futuri orientamenti sociali dovuta al contributo del sindacalista rivoluzionario Alceste De Ambris.

Avendo lo scopo di influire sulla Conferenza internazionale della pace, l'Impresa fiumana raggiunse l'epilogo con l'approvazione del Trattato di Rapallo. L'opposizione dei dannunziani all'applicazione del trattato portò il governo Giolitti ad intervenire con la forza, sgombrando Fiume durante le giornate del Natale 1920.

Un primo attacco a Fiume fu sferrato la vigilia di Natale che D'Annunzio battezzò come il Natale di sangue

L'Impresa fu una vera e propria epopea alla quale parteciparono molti legionari abruzzesi.

E’ ben noto il sentimento di fraterno cameratismo che legò il Poeta, durante gli anni della guerra, ai soldati provenienti dagli Abruzzi e con i quali ebbe l’occasione d’un incontro sulla linea del fuoco. Nel suo primo messaggio ai Fiumani egli parlò diffusamente delle condizioni “subumane” in cui furono ridotti i prigionieri di guerra italiani in mano austriaca a Fiume e dell’opera veramente eroica dei fiumani, di ogni età, che non lesinarono i soccorsi ai fuggiaschi, accogliendoli nelle loro case, sfamandoli a turno, privandosi del loro poco pane tanto da mettere a repentaglio la loro stessa vita.

Nel febbraio 1920 D'Annunzio, impegnato nell'impresa di Fiume, affidò a Renato Brozzi, il suo artista incisore preferito che chiamava il suo "eccelso animaliere", il compito di realizzare una placchetta da applicare su di un'unica spallina della divisa dei legionari abruzzesi accorsi attorno a lui.

Dalla serie numerosa di disegni presentati da Brozzi, il Comandante, con lettera del 24 febbraio 1920, sceglieva "quello più tranquillo". Con lettera successiva del 29 ottobre, scriveva a Brozzi: "Ho ricevuto le meravigliose "spalline" per i miei Legionari abruzzesi che Le hanno decretato l'onore della medaglia di Ronchi e da oggi La considerano un legionario", unendo inoltre un attestato scritto di suo pugno. I disegni preparatori di cui sopra sono conservati presso l'archivio del Vittoriale. Il motivo del cinghiale venne poi sfruttato da D'Annunzio anche per altri oggetti.

La spallina, delle dimensioni di mm 57,7 x 37, garantita originale al 100% e accompagnata da un expertise di un famoso Studio Faleristico milanese, è stata realizzata in rame argentato con una tiratura complessiva di 300 pezzi (D'Annunzio scriveva in data 22 aprile 1920 "Bisogna ordinarne 300 in metallo argentato, con quel che occorre per avvitarle alla spallina, e 30 in argento" ) il che ne fa uno dei cimeli fiumani più rari. Alcuni esemplari sono visibili nel Museo della Guerra di Gabriele D'Annunzio al Vittoriale. Non vi è traccia ancora oggi delle spalline in argento da cui il dubbio che non siano mai state coniate.

 La spallina raffigura un cinghiale di scorcio verso sinistra in posizione di combattimento. Sopra, su tre righe inserite in un riquadro, la frase latina "MORI CITIUS/QUAM/DESERERE" (Morire piuttosto che rinunciare). (3)

Alcuni legionari e personaggi abruzzesi legati all’impresa fiumana

Guido Sabucchi , Sergente Maggiore, nasce a Pianella il 24 agosto 1889 in Via delle Rose n. 4, (via, “vico” oggi non più esistente).

Il padre, Alfonso Sabucchi fu Giacinto, svolgeva la professione di avvocato, morì il 21 gennaio 1905 sposò Giulietta Rastelli la nonna Maria Elisabetta Sabucchi.

Di buona cultura, partecipò alla prima guerra mondiale e, giovane, dallo spirito avventuroso, come molti altri abruzzesi, fu preso dal fascino carismatico del Vate e successivamente si fece volontario tra i legionari fiumani con il grado di Sergente Maggiore.

Conclusasi la vicenda di Fiume con l'occupazione dei "legionari" dannunziani, durata 16 mesi con alterne vicende tra cui la proclamazione della Reggenza Italiana del Carnaro e lo sgombro di Fiume, partecipò alle tragiche giornate del Natale di sangue del 1920.

Guido Sabucchi, il 14 Aprile del 1928, sposa a Fiume [Ursich?] Santina, fu Giovanni, come risulta con il numero centosessantacinque nella registrazione dei matrimoni del comune di Pianella avvenuta il 31 Maggio 1928 Anno IV e firmata dal Podestà Filandro De Collibus.

Eliseo de Berardinis

     Nato a Pianella nel 1898, nel 1904 entra a far parte, come allievo, della Banda di Pianella “Diavoli Rossi” suonando il genis, il compenso percepito, come da statuto, in quel periodo era una metà del musicante. Suonò sotto la direzione dei maestri: Baldini Gioacchini, Giuseppe de Sanctis, Francesco Minafra, Riccardo Costantini, Augusto Giuliani, ed Andraea Di Fonzo.

    Il Padre Corinto suonava la cornetta, il nonno Ferdinando, il clarino, lo zio Camillo, del fu Gennaro, sono stati musicanti della Banda Diavoli Rossi di Pianella.

Sin dal 1867 sono presenti nell’elenco dei vari Statuti della Filarmonica e della Banda dei Diavoli Rossi quali soci contribuenti e musicanti. Quindi, una famiglia di “bandisti” fu quella di Eliseo de Berardinis.  Antica risulta la presenza di questa famiglia come ci viene testimoniato nel catasto onciario del 1746 con ….

    Filippo de Titta, in Gabriele d’Annunzio a sette anni, in “La Maiella”, 23 giugno 1904, riferisce che : “ Il giovane Gabriele aveva tratto suggestione dalla musica che una banda musicale del vicino, Pianella, suonava in onore di San Cetteo. E’ probabile che tra i musicanti ci fosse anche il giovane Eliseo de Berardinis.       

    Nel 1920, all’età di 22 anni, decide di lasciare Pianella per trasferirsi a Fiume per difendere l’italianità della città del Carnaro. Gabriele d’Annunzio condividerà molti eventi importanti della vita di Eliseo e della sua famiglia, infatti, secondo il figlio Antonio De Berardinis, pare partecipò al suo matrimonio come testimone di nozze.

    La moglie era di origine ungherese, aveva quattro figli Paolo, Antonio e due sorelle. Fu Comandante della Caserma dell’esercito a Fiume partecipando ai rastrellamenti per stanare i partigiani croati.     

Raffaele Di Rocco, Sergente Maggiore, volontario, nasce a S. Vincenzo Valle Roveto (L’Aquila), il 17 dicembre 1899. Il padre Geremia, assai stimato per la sua rettitudine e la sua probità, era fattore di campagna dei Conti Caetani ed amministratore delle tenute di Boccea e Casal Palocco.

Il giovane Raffaele trascorse i suoi primi anni di vita nei suddetti possedimenti della campagna romana poi passò a studiare a Roma presso i Salesiani, dove frequentò il ginnasio inferiore e superiore fino alla classe IV.

Spirito avventuroso e di carattere irrequieto, lasciò gli studi per assistere nell’amministrazione delle due tenute.

All’età di diciannove anni fece ritorno a S. Vincenzo Valle Roveto dove restò – salvo il periodo della prima Guerra Mondiale a cui partecipò e quello da lui trascorso accanto a D’Annunzio- fino alla morte, avvenuta all’’Aquila presso l’Ospedale S. Salvatore nel 1975.

Come volontario, prese parte con entusiasmo all’impresa fiumana nella squadriglia di aviatori “La Serenissima” di Gabriele D’Annunzio, il quale l’apprezzò molto e lo tenne caro sia perché era come lui abruzzese, sia perché aveva rivelato in ogni occasione un vivo attaccamento al dovere. Con lui partecipò all’Impresa di Fiume e all’epopea dannunziana, un altro giovane di S. Vincenzo, Gaetano Basciani che per tutta la vita gli rimase amico devoto a fedele.

Durante il periodo fascista il Di Rocco venne eletto podestà del suo Comune di nascita che amministrò con parziale dedizione.

Gabriellino d’Annunzio, figlio prediletto di Gabriele e Maria Hardouin, dei duchi di Galleseprincipessa di Montenevoso, nacque a Roma il 10 aprile 1886. Secondogenito di tre figli, fu affidato ad una balia di Olevano Romano. La madre, dopo la separazione dal marito, lo portò con sé a Parigi, dove studiò al Liceo Sailly. Nel 1900 si trasferisce a Firenze dal padre che, in quel tempo, conviveva con Eleonora Duse. Il Poeta lo mandò a studiare al Cicognini di Prato dove, nel 1904, conseguì la licenza liceale. Pur iscrivendosi alla Facoltà di Lettere di Firenze, per far contento il genitore, preferì frequentare la scuola di recitazione di Luigi Rasi per dedicarsi alla carriera teatrale. Con lo pseudonimo di Gabriele Steno, il 27 marzo 1905, debuttò alla “prima” della Fiaccola sotto il moggio, al Teatro Manzoni di Milano. Gabriellino combatté nella grande guerra come ufficiale di Artiglieria, meritando una croce di guerra ed una medaglia d’argento. Fra il settembre 1918 e il giugno 1919 fu agli ordini del padre che, nell’ottobre 1918 assunse il comando della Squadra Aerea San Marco. Si congedò dall’esercito nell’agosto 1919.

De Marinis Renato, figlio di Nicola, agiato possidente pescarese, sposa nel 1885 Anna d'Annunzio sorella di Gabriele. Da questa unione nascono 13 figli, dieci dei quali si spengono in tenera età. L'immenso dolore per queste morti immature sconvolsero profondamente per tutta la vita la sorella tanto amata dal Poeta che si spense il 9 agosto del 1914.

Renato De Marinis combattè nella grande guerra   come capomanipolo del battaglione d’assalto “Folgore”. Comandante di compagnia mitraglieri, rimasto a disposizione per il decentramento del suo reparto, nel grave decisivo momento di un aspro combattimento si offrì di sostituire un comandante di compagnia fucilieri ferito. Con serenità, perizia e sovrano sprezzo del pericolo trascinò gli arditi alla Vittoria.

Angelo Mastragostino.

In una lapide posta nella casa natale dall’amministrazione comunale di Mafalda, il 27 ottobre 2001 si legge: “In questa casa ebbe i natali il 1 Febbraio del 1904 il Generale dell’Arma dell’Aeronautica Angelo Mastragostino. Uomo giusto e di forte personalità, pluridecorato al valor militare per le sue gesta di combattente che seppe interpretare i più nobili ideali di Patria, ha espresso la generosità del suo spirito tenacemente legato a questa terra da forte sentimento di amore e di appartenenza”.

Aldo Cecceherini, famiglia residenti ora a Pescara,era in Marina e dovette chiedere un permesso per sbarcare dal suo incrociatore e unirsi al Vate; il permesso glielo diedero ovviamente. Poi, grazie a questa sua militanza da legionario, fece anche carriera in Marina. Racconta il figlio Adolfo, il più anziano partigiano vivente in Abruzzo, 98 anni, sul giornale Il Centro del 07 settembre 2019 - C'è rimasto un anno, e ha portato a casa un mare di ricordi, tessere, fotografie, cimeli. Mi diceva che era stata una esperienza felice -.

Vincenzo Russo, di Vasto, era l’ufficiale della marina militare comandante della motonave Persia, su cui era imbarcata una parte dei legionari che combatterono nell'Impresa di Fiume, voluta e capitanata da Gabriele d'Annunzio.

Aneddoto

Si racconta un episodio poco noto della sua avventura militare, quando, imbattendosi al fronte in un soldato del quale riconobbe l’accento abruzzese, ebbe con lui il seguente colloquio, in dialetto, in quella lingua che sa andare diritta alle cose, senza tanti giri di parole:

– Ma si abbruzzés tu? (Ma sei abruzzese tu?)

– Scì, e tu chi sì? (Sì, e tu chi sei?)

– So’ Gabriele D’Annunzio (Sono Gabriele D’Annunzio)

– Ah…si D’Annùnzie, e che stì a ffà ècch? (Ah…sei D’Annunzio, e che stai a fare qui?)

– Quéll’ che stì a ffà tu… (Quello che stai a fare tu)

– Statte accorte, ca ècche se mòre… (Statti accorto, perché qua si muore…)

– Statte accorte pure tu… (Statti accorto pure tu…)

– Eh…ma se mòre ji n’ succéde nniénte, ma se te mure tu, chi l’arefà unne come te? (Eh… ma se muoio io non succede niente, ma se muori tu, chi lo rifà uno come te?)

BIBLIOGRAFIA

Fondazione del Vittoriale degli italiani, Elenco ufficiale dei legionari fiumani 24/06/1939.

G. PORTO, Un legionario dalla Valle Roveto all’impresa fiumana Raffaele Di Rocco: Elenco dei Legionari abruzzesi e molisani; Misura, Rassegna Trimestrale di Abruzzesistica, Anno VI - 2 – 1987.

G. MANCINI, Il pianellese Nazareno Monticelli amico di d'Annunzio finanziò l'Impresa   di Fiume, giornale online “Colline d’Oro 09/06/2017, CulturaIdentità, AnnoI – N. VII venerdì 6 settembre 2019.

R. DI LEONARDO, Guido Sabucchi un legionario pianellese all’impresa fiumana, Lacerba, 28 gennaio 2018, pag. 27.

V. PIALORSI, L. FAVERZANI, Gabriele d'Annunzio nelle medaglie, Grafo Edizioni, anno 2004.

ZONA LOCALE, Giornale Online, Impresa di Fiume, era vastese il comandante della nave Persia, edizione Vasto, 09 dicembre 2012.

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