REMO DI LEONARDO
Ennio Flaiano (Pescara, 5 marzo 1910 – Roma, 20 novembre 1972) è stato uno sceneggiatore, scrittore, giornalista, umorista, critico cinematografico e drammaturgo italiano.
L’idea di questa avventura letteraria nasce dalla passione per la lingua volgare abruzzese che non solo si esprime attraverso le mie originali composizioni poetiche o teatrali ma trovano spazio e ragioni anche in operazioni culturali specifiche, come le versioni in dialetto di opere teatrali scritte in lingua da altri autori ecc.
Il dialetto usato in questa traduzione, pur avendo alcuni termini ed aspetti morfologici e fonetici simili, non appartiene al dialetto da me solitamente usato in altre opere, cioè al vernacolo pianellese, proprio dell’area geografica detta vestina-pennese, ma – in omaggio al Nostro – è riconducibile alla koinè dialettale dell’area pescarese-chietina di tipo urbano che, in qualche modo, è la lingua più prossima alla parlata popolare dello stesso Flaiano; peraltro questo stesso volgare l’ho già sperimentato con apprezzate rese nella versione della Fiaccola sotto il Moggio e della Veglia Funebre di Gabriele d’Annunzio.
Mi rendo ben conto, tuttavia, che si tratta di un dialetto per lo più ideale, perché gli aspetti morfologici e fonetici di una comune area linguistica cambiano non solo tra città e città, ma anche tra le contrade e i quartieri della stessa città o del medesimo paese, come accade – ad esempio – tra la vecchia Pescara (Porta Nuova) e Castellammare, o tra i quartieri della Marina Sud e quelli della Marina Nord.
Riguardo alla trascrizione, ho preferito – anche questa volta – impiegare quella fonetica invece che quella etimologica, benché quest’ultima fosse usata nel passato da diversi poeti e scrittori abruzzesi e sia ancor oggi gradita ad alcuni.
La scelta dei cento aforismi è caduta su quelli che, in qualche modo, si avvicinassero maggiormente alla forma e alla struttura dei modi di dire popolari (motti, proverbi, sentenze), tralasciando dunque quegli aforismi apparentemente frutto di un pensiero intellettuale o di livelli linguistici più elaborati e, pertanto, poco consoni al sentire popolare: insomma, i veri e propri “proverbi d’autore”.
La particolarità di questo umile, ma appassionato lavoro, va sicuramente ad assumere un suo specifico ed originale significato rispetto ai vari eventi promossi a ricordo del 50 anniversario della morte dello scrittore abruzzese, e vuole restare senz’altro una proposta esclusivamente letteraria.
Il presente saggio è uno estratto apparso sul libro del Premio di Poesia 'G. Porto' - Premio Nazionale di Lettere, Arte, Scienze, Città di Pianella, dal titolo Cende n’à fatte e cende ne scrive, edizione 2010, ed è riferito direttamente all’evento del centenario della nascita di Flaiano: come a dire “Cento ne ha compiuti (di anni) e cento ne scrivo (di aforismi)”.
Gli aforismi tradotti da Remo di Leonardo - di Vito MORETTI
Ennio Flaiano affidò un aspetto della sua poetica alla scrittura aforistica e a quel procedere di scorcio che rappresentò la modalità più caratteristica e costante del suo dettato di scrittore. all'aforisma infatti egli attribuì la capacità che è del resto nella natura stessa del genere di trasformare il frammento di una riflessione o di una esperienza in una totalità in sé compiuta per il tramite di un ambito permanente di filosofo scettico e di osservazione malinconica e disillusa dei comportamenti o dei costumi umani sino a divenire lo scrittore per eccellenza dei detti celebri dei mots spritz delle inquadrature fulmine all'insegna di un acumerico e aneddoti aneddotico vitalistico e satireggiante gustose e repentino con anche la naturalezza del romanziere che sa di pronunciare verità profonde ed universali a questa produzione aforistica inteso riallacciarsi Remo di Leonardo tra scegliendovi un congruo numero di Testi 100 ripercorrendovi la lezione di fondo e traducendo i singoli brani del volgare abruzzese cioè nella lingua che lo stesso Flaiano parlò o che sentì proferire nella sua terra d'origine ma anche in risposta alla massificazione contemporanea che azzera identità e buon gusto poeta avvocato alla cultura popolare e alle radici autoctone Remo di Leonardo al gusto della dialettalità e nel cumulo delle parole dei messaggi della società odierna in cui si inquina la coscienza di sé stessi e si fanno caotiche o stanche le voci e gli affida il dialetto il ruolo di restituire pregnanza ed autenticità la sintassi dell'intelligenza agli epiloghi della saggezza e alle espressioni che possono indurre a riflettere è perché no a sorridere con atti e modi appropriati sicché l'operazione compiuta da Remo di Leonardo rispetto alla scrittura di Flaiano a non soltanto il pregio di allestire utili pagine i fruibili nella loro doppia e suggestiva leggibilità ma anche di ribadire il valore calzante del dettato vernacolare da cui appunto tutto parte e in cui tutto infine torna.
Da La solitudine del satiro:
La mia vita non è tutta un romanzo,
non è neanche un buon racconto.
È un giornale. Cose che mi succedono
tutti i giorni, da anni, e che si ripeteranno
ancora per anni, sino alla noia.
Se fossi almeno incontentabile
potrei trasformare qualche desiderio in vizio,
qualche capriccio in passione,
il mio modesto ingegno in talento.
Molti lo fanno, ma io mi contento così.
La mia vita quotidiana è dunque
solo un giornale, che appena letto e sfogliato
è già vecchio e un po’ ripugnante.
La vita mì’ nen’è tutte nu romanze,
nen’è manghe nu racconde bbone.
È nu giurnale. Cose che me succéde
tutte li journe, ogne anne,
e che s’arpete angòre
pe’ ìnne e ìnne sine a la noie.
Se alméne m’accundendesse,
putésse scagnà cacche vulije ‘n-vizie,
cacche capricce ‘n-passijone,
l’ingegne nghe lu tàlende.
Tande li fanne ma ji m’accundende accuscì.
La vit’a mi’ de ogne journe
è pirciò sole nu giurnale,
che appéne lette e sfujate
è già vijecchie e ‘m-bò ’schiefose.
Per una immediata comprensione la traduzione in dialetto asseconda il senso dei componimenti e non ha intenti letterari.
Aforismi in dialetto | Aforismi in italiano | |
Amore Nghe l’amore n-za d’avè scrupele, n-za da’ rispettà nisciune. Se ce serve, sa dà je’ a llu lette nghe la propria mojie. | Amore In amore bisogna non avere scrupoli, non rispettare nessuno. Se occorre, essere capaci di andare a letto con la propria moglie. | |
L’amore cumenze quande ci-addunéme d’avè sbajiate n’atra vote. | L’amore comincia quando ci accorgiamo di avere sbagliato ancora una volta. | |
Facenne l’amore de gruppe ce stà alméne lu vantagge che une po’ durmì. | Nell’amore di gruppo c’è almeno il vantaggio che uno può dormire. | |
Parlà d’amore è ffa’ sole de le pettelarije attorne a nu mistére. | Parlare d’amore è solo fare dei pettegolezzi intorno a un mistero. | |
L’amore è ’na cosa troppe ‘mburtande pe’ lassarle fa’ a ll’itre. | L’amore è una cosa molto importante per lasciarla fare agli altri. | |
L’ amore si presènde a ‘na maniere precise; appéne le vide dice: “Chi è ’sta stronze?”. | I grandi amori si annunciano in un modo preciso; appena la vedi dici: “Chi è questa stronza?”. | |
Nghe l’amore lu scritte vole e li parole armane. | In amore gli scritti volano e le parole restano. | |
Amore? Mah… forse nghe lu tembe, cunuscennece pegg . | Amore? Mah… forse col tempo, conoscendoci peggio. | |
Fèmmene, famije, matrimonie… | Donna, famiglia,matrimonio… | |
Spesse la fèmmene itagliane è coche a lu salotte, puttane ‘n- cucine e signore a llu lette. | Spesso la donna italiana è cuoca in salotto,puttana in cucina e signora a letto. | |
Nghe lu traffeche ha divendate ‘mbussibbele mette chiù li corne nell’ore de punde. | Il traffico ha reso impossibile l’adulterio nelle ore di punta. | |
Gne tutte li matine se azò, se huardò a llu specchie e se vidò chiù brutte. Ce mittò n’ore a fars’ brutte. | Come tutte le mattine si alzò, si guardò allo specchio e si vide bruttissima. Ci mise un’ora a farsi brutta. | |
La sola maniere de trattà ’na fèmmene a lla pare è vulerle gne n’òmmene. | L’unico modo di trattare una donna alla pari è desiderarla come uomo. | |
Accide la socere scagnennele pe’ la mojie. | Uccide la suocera scambiandola per la moglie | |
Ogge so’ lassate la famije a mi’ pecchè m’avèje stracche de sindirme sole. | Oggi ho lasciata la mia famiglia perché ero stanco di sentirmi solo. | |
La fèmmene ggirò lu sguarde attorne a la tahule e se rasserenò: avè’ state a lu lette nghe tutte. | La donna girò lo sguardo attorno alla tavola e si rasserenò: era stata a letto con tutti. | |
’Na fèmmene che scappe attire chi je’ corre appresse, anze le crehe. | Una donna che fugge attira l’inseguitore, anzi lo crea. | |
Lu vere psicanaliste de li fèmmene è lu parrucchiere a su’. | Il vero psicanalista delle donne è il loro parrucchiere. | |
L’ùommene crédene de spusà la fèmmene a lore’, sole dapù s’hanne addòne d’avè spusate la moje. | Gli uomini credono di sposare la propria fidanzata, poi si accorgono di aver sposato la moglie. | |
Se tenéte pahure d’armanè sole, n-vi spusete. | Se avete paura della solitudine, non sposatevi. | |
Che facisse se scupriesse che l’amande de mojiete ti mette le corne nghe n’atre? | Cosa fareste se scopriste che l’amante di vostra moglie la tradisce con un’altra? | |
Arte e Culture | Arte e Cultura | |
Lu cineme è la sole maniere d’arte addò li òpere se movene e lu spettatore armane ferme. | Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile. | |
Lu pegge che po’ capità a nu ggenie è di èsse’ capite. | Il peggio che può capitare a un genio è di essere compreso. | |
A vind’anne se prove la puisìje, a cinquande se penze che se d’avèja ’nziste. | A vent’anni si tenta la poesia, a cinquanta si pensa che bisognava insistere. | |
A llegge nen’è nniende, lu huaje è scurdarse quelle che s’à lette. | Leggere è niente, il difficile è dimenticare ciò che si è letto. | |
Nu scrittore de prufessione fa schife, pecchè tutte quelle che magne, le scagne pe’ carte. | Uno scrittore professionista fa ribrezzo, perché tutto quello che mangia lo trasforma in carta. | |
Ji créde sole a lla parole. La parole firisce, la parole cunvinge, la parole calme. Queste, pe’ mmè, è lu senze de llu scrive. | Io credo soltanto nella parola. La parola ferisce, la parola convince, la parola placa. Questo, per me, è il senso dello scrivere. | |
Lu sceneggiatore è une ch’ attacche lu padrone addò vo’ l’asene. | Lo sceneggiatore è un tale che attacca il padrone dove vuole l’asino. | |
Li grusse premmie nen ve’ date maie a llu scrittore, ma a lli persone che li legge: Puveriecce, se li meretene. | I grandi premi non vengono dati allo scrittore, ma ai suoi lettori: Poveracci, se li meritano. | |
L’arte è nu mette li quatrine assa’, la Culture ‘na scuse. | L’arte è un investimento di capitali, la Cultura un alibi. | |
Custume e Società | Costume e Società | |
Allore j’hajie dette: “Sinde Agnelli, fa’ pure tutte li machene che vuò’, tande ji ne’ tenghe la patende. | Allora gli ho detto: “Senta Agnelli, faccia pure quante automobili vuole, tanto io non ho la patente”. | |
Li giuvene hanne quasce tutte lu curagge de di’ quelle che penze l’itre. | I giovani hanno quasi tutti il coraggio delle opinioni altrui. | |
Nghe ‘sti timbe, la sola maniere de fa’ vedè ca si’ n’òmmene spiretose è di èsse’ serie. | In questi tempi l’unico modo di mostrarsi uomo di spirito è di essere seri. | |
L’itagliane ha nu sole vere nemiche: l’arbitre de pallone quande se joche , pecché cacce fore nu judizie. | L’italiano ha un solo vero grande nemico: l’arbitro nelle partite di calcio, perché emette un giudizio. | |
Lu monne de lu benessere porte nghe esse la malingunije . | La civiltà del benessere porta con sé proprio l’infelicità. | |
Ormaie nen vojie àutre che quelle che me danne ogne vvote. | Ormai non desidero che ciò che mi offrono ripetutamente. | |
Lu miliarde nen’è cchiù quelle de ’na vote. | Il miliardo non è più quello di una volta. | |
A l’Itaglia n’amerecane dicétte a n’atre amerecane: a l’Itaglie li pulle vanne girenne crude pe’ strade. | In Italia un americano disse ad un altro americano: in Italia i polli camminano crudi per strada. | |
La pubblicità fa chiù danne de la pornografìe pecchè mette ‘nzimbre la robbe che serve nghe quelle che nen zerve. | La pubblicità fa più danni della pornografia perché unisce l’inutile al dilettevole. | |
Queste è nu popele de sande, de puhite, de navigature, de nipute, de cugnite... | Questo popolo di santi, di poeti, di navigatori, di nipoti, di cognati... | |
Capì la Cine nen’è soltande ’mbussibbele, ma nen zerve a nniende. | Capire la Cina non è soltanto impossibile, ma inutile. | |
Si po’ ‘ddùmmannà tutte e le pu’ avè, poche e n-de danne niende. | Si può chiedere tutto è lo avrai, poco e non l’avrai. | |
L’òmmene assaje ricche da’ parlà sembre de puesije o de museche pe’ fars’ vedè che capisce tutte, circhenne de mette a lla prove li persone che vulesse soltande apprezzarle pe’ la ricchezze a su’. | L’uomo molto ricco deve parlare sempre di poesia o di musica ed esprimere pensieri elevati, cercando di mettere a disagio le persone che vorrebbero ammirarlo per la sua ricchezza soltanto. | |
La televisione è gne lu matrimonie: va bbone ’n-gambagne, ma ‘n- cettà fa’ ride. | La televisione è come il matrimonio: va bene in campagna, ma in città fa ridere. | |
Ha state nu funerale cuscì povere, che forse nna lla cascie da morte n-gi steie manghe lu morte. | Era un funerale così povero che forse nella bara non c’era nemmeno il morto. | |
Quande l’òmmene nen zende chiù fredde, fame e pahure…è scundende. | Quando l’uomo non ha più freddo, fame e paura… è scontento. | |
A furie de leccà, caccose a lla lengue armane sembre. | A furia di leccare, qualcosa sulla lingua rimane sempre. | |
Che me vo’ bbene ocche se mette avande. | Chi mi ama mi preceda | |
La Puliteche | La Politica | |
L’ itagliane si jette’ sembre nghe lu cchiù furte. | Gli italiani sono sempre pronti a correre in soccorso dei vincitori. | |
A l’Itaglie li fasciste è fatte de ddù’ categorije: li fasciste e l’andifasciste. | In Italia i fascisti si dividono in due categorie: i fascisti e gli antifascisti. | |
Lu tiranne a cchiù se vo’ bbene è quille che premie e punesce senza raggione. | Il tiranno più amato è quello che premia e punisce senza ragione. | |
L’itagliane è senza ‘rmedie fatte sole pe’ la dittature. | Gli italiani sono irrimediabilmente fatti per la dittatura. | |
Li dittature tenghene queste de bbone, che sanne farse vulè bbene. | Le dittature hanno questo di buono, che sanno farsi amare. | |
Tu si’ comuniste, ji so’ nobbele, tutte e ddu’ condre lu popele: la differenze è che tu ’arjisce a farle fatijà. | Lei è comunista, io aristocratico, tutte e due odiamo il popolo: la differenza è che lei riesce a farlo lavorare. | |
A ogne minoranze de persone fregne ci stà ’na maggioranze de ’mbecille. | In ogni minoranza intelligente c’è una maggioranza di imbecilli. | |
La propahande cumenze addò’ finisce lu parlarse. | La propaganda comincia dove finisce il dialogo. | |
Fra trend-anne l’Itaglie nen’ è cchiù gna l’ha fatte li guvirne, ma gna l’avrà fatte la televisione. | Fra 30 anni l’Italia non sarà come l’avranno fatta i governi, ma come l’avrà fatta la tv. | |
Ji nen-zò comuniste pecchè nen me le pozze permette. | Io non sono comunista perché non me lo posso permettere. | |
Se nen zì’ è de sinistre a vend-anne e di destre a cinquande, nen z’à capite niende a la vite. La situazijone puliteche a l’Itaglie è grave ma nen è serie. | Se non si è di sinistra a vent’anni e di destra a cinquanta, non si è capito niente della vita… La situazione politica in Italia è grave ma non è seria. | |
Vite, vizie e virtù | Vita, vizi e virtù | |
’Na vote ma credéje che lu cundrarie de la veretà fusse lu sbajie e lu cundrarie de nu sbajie fusse la veretà. Ogge ’na veretà po’ tenè pe’ cundrarie n’atra veretà pure cchiù mejie, e lu sbajie n’atru sbajie. | Una volta credevo che il contrario di una verità fosse l’errore e il contrario di un errore fosse la verità. Oggi una verità può avere per contrario un’altra verità altrettanto valida, e l’errore un altro errore. | |
Li journe che n-zi scorde a la vite de n’òmmene è cinque o seie ’n-dutte. Lu reste fa vulume. | I giorni indimenticabili della vita di un uomo sono cinque o sei in tutto. Gli altri fanno volume. | |
Sì’ state cundannate a la pene de cambà! La domande de grazie? Nehate. | Sei stato condannato alla pena di vivere! La domanda di grazia? Respinta. | |
Li ricchiune pe’ li puvere nen’ è nu vizie ma ‘na maniere pe’ divendà signore. | Igay per i poveri non è un vizio ma un modo per diventare signori. | |
Nu giovene va ’ngondre a la vite: anze è la vite che d’arréte le vusse. | Un giovane va incontro alla vita: cioè, la vita che da dietro lo spinge. | |
Tenghe poche pinzìre, ma cunfuse. | Ho poche idee, ma confuse. | |
Certe, certissime, anze propabbele. | Certo, certissimo, anzi probabile. | |
Certe vizie è chiù nuiose de la stessa vertù. Soltande pe’ queste la vertù spesse vinge. | Certi vizi sono più noiosi della stessa virtù. Soltanto per questo la virtù spesso trionfa. | |
Pinzò de cagnà vita, d’apprufittà de ll’ore de la matine. Se azò a lli seie, se fece la docce, se vistò, se tajò la varve, hustò la culazijone, se fumò nu pare de seharette, se mittò a lu tahule de la fatije e s’arsvijò a mezzejurne. | Decise di cambiar vita, di approfittare delle ore del mattino. Si levò alle sei, fece la doccia, si rase, si vestì, gustò la colazione, fumò un paio di sigarette, si mise al tavolo di lavoro e si svegliò a mezzogiorno. | |
Nu colpe de pistole sparàte a lu mumende juste leve d’attorne ogne discussijone. Lu probbleme però armane àperte: a cchi sparà? Nghe lu dubbie è mejie starse ferme. Ma dapù nen venéte a lagnarve che li discussijone nen zerve a niende. | Un colpo di pistola sparato al momento giusto evita ogni penosa discussione. Il problema però resta aperto: a chi sparare? Nel dubbio, astenersi. Ma non venite poi a lagnarvi che le discussioni sono inutili. | |
N-ge stà staggione: l’estate. Tande bbèlle che l’atre ji’ ggire attorne. L’àutunne la recorde, lu huerne l’archiame, la primavere ci te’ la ’mmidie e prove a huastarle. | Non c’è una stagione: l’estate. Tanto bella che le altre le girano attorno. L’autunno la ricorda, l’inverno la invoca, la primavera la invidia e tenta puerilmente di guastarla. | |
Ci stà tande maniere d’arrivà: lu mejie è de nen partì. | Ci sono molti modi di arrivare: il migliore è di non partire. | |
Ti dà’ cunosce. Dapù vide ca nen ti è chiù pussibbele a cambà ‘nzimbre a ttè. | Conosci te stesso. Dopodiché non ti sarà più possibile vivere insieme con te stesso. | |
L’òmmene che créde sole a esse cambe nghe li pite appujate sopre ’na nùvele. | Colui che crede solo in se stesso, vive con i piedi poggiati su una nuvola. | |
La stupedetà de ll’itre me tire, ma è mejie lu mi’. | La stupidità degli altri mi affascina, ma preferisco la mia. | |
Lu calavrone endre nna lla stanze alluminate, va a sbatte sùbbete condre lalampadine, li mure, li mobbele. Si sende lu remòre secche de le cucciate. Dapù si ferme arpije fiate. Arbije n’atra vote condre la lampadìne, li mure, li vetrie e daccàpe condre la lampadìne. A la fine casche sopre la tahule nghe li pite pe’ ll’arie, la matine appresse è secche, liggire, morte. N’à capite niende, ma n-ze po’ dice che n-gi-à pruhate. | Il calabrone entra nella stanza illuminata, va a battere velocemente contro la lampada, le pareti, i mobili. Rumore secco delle zuccate. Dopo si acquatta per riprendere le forze. Ricomincia contro la lampada, le pareti, i vetri, e daccapo contro la lampada. Infine cade sul tavolo, zampe all’aria, la mattina dopo è secco, leggero, morto. Non ha capito niente, ma non si può dire che non abbia tentato. | |
’Na vote lu rimorse de cuscinze venéje dapù, mo’ m’ arrive prime. | Una volta il rimorso di coscienza veniva dopo, adesso mi precede. | |
Se tu ammitte che la mmerde sotta sotte a lla fine nen’ è malamende, t’attocche a magnarle ddu’ vote a llu journe. | Se ammetterai che la merda in fondo non è cattiva, dovrai mangiarne due volte al giorno. | |
Nu pruverbie andiche dice: àlassete nu nemiche pe’ la viecchiaje. | Un loro proverbio dice: “Lasciati un nemico per la vecchiaia | |
Ogge lu cretine è piene de ‘mmenzijone. | Oggi il cretino è pieno d’invenzione. | |
Se la ggende de lu monne si cunuscesse mejie, ci se udiesse de cchiù. | Se i popoli si conoscessero meglio si odierebbero di più. | |
La felecetà è vulé quelle che une tè. | La felicità è desiderare ciò che si ha. | |
A cambà se sbaje sembre, ogne vvote lu sbajie de prime s’appuje a quelle che ve’ ’ppresse. Finete li sbajie finisce tutte. | Vivere è una serie illimitata di errori, ognuno dei quali sostiene il precedente e si appoggia al seguente. Finiti gli errori, finito tutto. | |
Appéne ce lasse l’arembiazzéme nghe n’autre . | Ci lascerà un vuoto colmabile. | |
Lu ‘mberne scritte da Dante è fatte da itagliane che rombene li cujune a l’itre itagliane. | L’inferno di Dante è fatto da italiani che rompono i coglioni ad altri italiani. | |
E hanne cambise tutte triste e scundiende. | “E vissero tutti infelici e scontenti”. | |
Ci fa piacére de cchiù lu cieche favòre de la fortùne che lu ricunoscimende de li meret’ a nuostre. | Ci lusinga di più il cieco favore della fortuna che il riconoscimento dei nostri meriti. | |
Fatte curagge ca lu mejie ha passate. | Coraggio il meglio è passato | |
Lu mangàte successe m’ha date a lla cocce. | L’insuccesso mi ha dato alla testa | |
La reatà è quelle che nu’ arsceme a fa’ passà pe’ quelle che è. | La realtà è quella che noi riusciamo a far passare per tale. | |
Cumenze lu medioeve de li specialiste. Ogge pure lu cretine è specialiste. | Comincia il medioevo degli specialisti. Oggi anche il cretino è specializzato. | |
Ahuà! Se vu’ vi facéte capì nghe n’esembie ji n-gi capisce chiù niende. | Se lei si spiega con un esempio io non ci capisco più niente. | |
Che nen vo’ sugnà se da’ sullazzà nghe la realtà. | Chi rifiuta il sogno deve masturbarsi con la realtà. | |
Quande la vanetà se calme l’òmmene è pronde a murì e cumenze a penzarce. | Quando la vanità si placa l’uomo è pronto a morire e comincia a pensarci. | |
Sugnatore è l’òmmene nghe li pite appujate fourte a lle nuvole. | Sognatore è un uomo con i piedi fortemente appoggiati sulle nuvole. | |
La religgione | La religione | |
L’oppie è ormaie la religgione de li popole. | L’oppio è ormai la religione dei popoli. | |
La religgione ha finite. N-gi stà chiù nisciune che si vande d’àvè purtate a llu lette ’na moneche. | La religione è finita. Non c’è più nessuno che si vanti di aver portato a letto una suora. | |
Diahule, vaje bbone de quà pe’ lu ’mberne? Scine, sembre storte”. | “Diavolo, vado bene di qui per l’Inferno?”. “Sì, sempre storto”. | |
Nu’ cambéme grazie a Ddije a nu tembe senza fede. Nghe li prevete a ffà’ l’astruleghe e li sande a ‘n-drallazzà. | Noi viviamo grazie a Dio in un’epoca senza fede. Preti astrologhi e santi in intrallazzo | |
Bisogne vulè bbene sole a Ddì’ e udià soltande nu’ stesse. | Bisogna amare solo Dio e odiare soltanto se stessi. | |
La psicanalese, cara segnore, è ’na mezza scienze ammendate da n’ebbrehe pe’ cunvinge li prutestande a cumburtarse gne li cattolece. | La psicanalisi, cara signora, è una pseudo scienza inventata da un ebreo per convincere i protestanti a comportarsi come cattolici. | |
Lu sesse | Sesso | |
Atte prime: si zombe la surelle, si ’n- gule lu fratelle. Atte seconde: uhuale nghe la ma-mme e lu padre. Atte terze: scopre di esse’ fije adottive e se spare. | Atto primo: stupra la sorella, sodomizza il fratello. Atto secondo: idem con la madre e con il padre. Atto terzo: scopre di essere figlio adottivo e si spara | |
La castetà è la vulije de li zizzune. | La castità è il miraggio degli osceni. | |
Ci huardeme lu cazze gna se aspettassame da esse ’na decisione. | Ci guardiamo il cazzo come se aspettassimo da lui una decisione | |
Pe’ l’itagliane lu ’mberne è che lu poste addò si stà nghe li femmene nude e nghe lu diahule ce se mette d’accorde. | Per gli italiani l’inferno è quel luogo dove si sta con le donne nude e con il diavolo ci si mette d’accordo. | |
Quande ere bardasce me credéje che la ciucce steje messe de tajie. | Da ragazzo credevo che la vagina fosse orizzontale. |