La mascalcia e gli attrezzi del maniscalco

17 Settembre 2022

VITTORIO MORELLI.

La mascalcìa, conosciuta e praticata già dai Greci (Ippocrate), dai Romani, venne rinverdita dai Longobardi,  che occuparono la Penisola da Cividale del Friuli, Aquileia, Monza, Pavia, fino  a ducati di Spoleto e di Benevento, che dei cavalli fecero l’asse portante del loro esercito.

L’Editto di Rotari del 643 d. C. protegge il cavallo e in una illustrazione è rappresentato Rotari che tiene un cavallo per la briglia. Inoltre nel Pavese è diffusa la leggenda del re Alboino che cade da cavallo alle porte di  Pavia durante il suo assedio alla città del 572.

Il trattato di mascalcia viene tradotto dall’arabo da Moise da Palermo nel XIII secolo e diffuso nel mondo siculo e in quello federiciano.

La mascalcia si perfeziona nel Medioevo e viene tramandata e praticata nei secoli successivi. I maniscalchi si basarono sulla tradizione e sull’esperienza vissuta, tralasciando i rimedi palliativi e puntando sui rimedi consolidati nel tempo.

Il maniscalco era la persona più vicina al signorotto perché informava il suo padrone delle cavalle fattrici, dei puledri, di tutti i passi che il cavallo prediletto faceva e di eventuali problemi registrati nell’animale.

Il maniscalco si occupava della dentizione, del I-II-III morso della dentatura del giovane cavallo.

Era detto comes stabulorum, marestallo, marescalco, persona di rango, che viveva nell’accampamento, nel palatium, nella reggia.

Si occupava di tutto: degli strangagliuni, le strangajune, della rinite, del raffreddamento, delle lussazioni, della eccessiva salivazione, della tosse, della scabbia; faceva concorrenza al veterinario.

A Pianella, i maniscalchi, chiamati dai feudatari locali che detenevano bovini ed equini, arrivavano da fuori; a fine Ottocento ed inizio del Novecento, c’erano i maniscalchi o ferracavalli, che svolgevano la loro attività presso la Porta S. Maria-Taverna Ducale, detta la Calata del Carmine; nel luogo che trovavasi all’inizio del Campo della Fiera (Largo Nassirija); Paolo Cutilli, Pietro di Marco, (il nonno di Umberto) Costante, lu ferracavalle?, svolgevano la loro attività, attirando anche gli allevatori e padroni dei paesi del Circondario.

Pianella nel secolo scorso pullulava di pannacciai, di ferrari, di falegnami, di scarpari, di gazzosari, di pastai, di vasari, di barbieri, di sarti, di maestranze edili.

Le ‘ttrezze de lu ferracavalle

la roje o rojole: paletta tagliente, a manico fisso per tagliare orizzontalmente lo   zoccolo morto, la cheratina. Il termine potrebbe derivare dal preromano         rugia, ruga, ruha, strettoia per il deflusso delle acque?

lu martèlle: il martello

lu martelle a forge, a réghe, a stampe: il martello a forgia, a riga, a stampa

la tenaje: la tenaglia

lu tenajone: il tenaglione per affilare le unghia

le chjuve: i chiodi

*lu curtelle: il coltello

*lu curtelle pe pulé la materie da lu péte: coltello per pulire il pus dal piede          dell’animale

la raspe: la raspa

le chielle a ttorne le diende: i calli attorno ai denti o edemi

lu ferre apra vocche: il ferro apri bocca

lu ferre abbruscenéte: il ferro arroventato per cauterizzare le bolle o edemi della   bocca

lu raschiotte o curasnetta: il raschietto

la forge: la forgia

lu carevone: il carbone

la vrasce: la brace

lu màndece: il mantice

lu zenale: il grembiule

lu viérdene: trapano a mano

la spàzzele: la spazzola

la cote de cavalle: la coda di cavallo per scacciare le mosche

lu telare: il telaio

le léve: le leve

la rete de sullevamende: la rete di sollevamento

le rulle de lone pe lu sullevamende de la bbestie: rulli di legno per il sollevamento          della bestia

la forge: la forgia

lu maje: il maglio

le fierre de cavalle: i ferri di cavallo

Mezzi terapeutici e malattie dei bovini e degli equini

la cicute e lu grasse: pesto di foglie di cicuta e di grasso animale per curare le ferite

l’àcede: acido muriatico

la bbummace: bambagia, cotone idrofilo

l’assogne: la sugna

lu ‘nguende: unguenti vari

l’huje de ‘leve: olio d’oliva

lu verderame: il verderame

l’huje  de canfure: olio di canfora

lu tartane: il tartaro

la cace: la calcina

la ciote: l’aceto

l’aje péstate: aglio pesto

la premeture: callo con pus (forma di zoonosi, morva e stomatite)

la ciste su la huange: la cisti della guancia, edemi

lu cémurre: il cimurro

la mbresature: raffreddamento e indurimento della pelle

* i coltelli erano a manico fisso di legno o di corno di bue: tre erano i sistemi utilizzati dai coltellai: a manico fisso (Zzérì-Vespasiano), con lama a molla, detta alla loretese,  lama con fermo, detta alla pianellese ed in alcuni casi detta alla zuava.

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