ANTONIO MEZZANOTTE.
Ricordo poco, sono sincero, de "Il Quinto Evangelio" scritto da Mario Pomilio, originario di Orsogna, letto grosso modo all'età di vent'anni e che forse dovrei ritirar fuori dalla libreria. Ne ho ben presente, invece, l'ultimo capitolo, titolato "Il Quinto Evangelista", il quale, strutturato come un libretto teatrale, potrebbe considerarsi un'opera a parte. Ricordo il pathos, la tensione, la vertigine crescente di drammaticità che ne fanno (a parer mio) una delle migliori pagine della letteratura contemporanea (pari per intensità narrativa all'Enrico IV di Pirandello).
Ebbene, ho iniziato ad avere interesse per Ponzio Pilato proprio dopo aver letto e riletto "Il Quinto Evangelista" ed aver toccato l'argomento sia all'epoca dei vari esami universitari di Diritto Romano, sia leggendo molti contributi sul processo a Gesù, tra i quali segnalo un recente testo di Massimo Miglietta, che insegna Istituzioni di diritto romano all'Università di Trento.
Anche papa Ratzinger mi pare di ricordare che scrisse qualcosa in proposito.
Quel che viene fuori da tutte le riflessioni è un Pilato ben consapevole dell'innocenza di Gesù, ma anche timoroso di un tumulto che lo avrebbe indotto a stringere ancor di più la morsa sul popolo ebraico e, probabilmente, con il rischio che la situazione sfuggisse di mano (come in effetti accade di lì a qualche anno sotto Vespasiano).
È stato durante queste letture che mi sono confrontato con le varie tesi di un Ponzio Pilato "abruzzese". Una di queste lo vuole originario di Bisenti, paese della vallata del Fino, nel teramano, dove il racconto popolare pare sorretto da alcuni profili meritevoli di approfondimento.
La storia credo che ormai sia abbastanza nota: Ponzio Pilato sarebbe nato a Bisenti nel 12 a.C. da famiglia di origine sannita, che annoverava il vincitore dei Romani alle Forche Caudine, tale Gavio Ponzio Selenita, e, soprattutto, uno dei cesaricidi, il tribuno Quinto Ponzio Aquila, morto nella battaglia di Modena del 43 a.C., la cui famiglia fu esiliata proprio qui a Bisenti, all'epoca chiamata Berethra (probabilmente dal greco "barathron", ossia baratro, burrone, come quello che delimita il lato occidentale del paese), abitata per secoli da genti d'origine ebraica o cananea, qui rifugiatasi dopo la conquista babilonese di Gerusalemme sotto re Nabucodonosor.
Questi profughi avrebbero portato sulle colline del Fino due elementi: la lingua aramaica e la coltivazione dell'ulivo (la zona era nota come Palestina Picena).
Intorno al 23 d.C. Pilato sposò Claudia, nipote di Augusto (si dice frutto di un amore clandestino tra Giulia, la figlia dell'imperatore, e lo stesso Tiberio), che era nata in Atri nel 6 d. C. Entrato così nella famiglia imperiale e forse per la conoscenza dell'aramaico appreso a Berethra - Bisenti, nel 26 d.C. il "nostro" Ponzio Pilato venne nominato prefetto della Giudea (Pilato parlava con Gesù in aramaico, senza interpreti). Vi sarebbe tanto da dire, mettendo a confronto dati, fonti (poche in realtà) e tesi (ma alla fine di tutto, si parte e si ritorna al Vangelo di Giovanni, a quella domanda di Pilato antica e tremendamente attuale: quid est veritas? Che cos'è la verità?).
Tutto quanto sopra, per dire che in una piovosa giornata di primavera mi son sobbarcato un viaggetto a Bisenti per vedere dal vivo quella che la tradizione popolare individua come casa di Ponzio Pilato, che sta a monte del centro storico, nei pressi della caserma dei carabinieri.
Quando vai in un luogo portandoti appresso tutto un bagaglio di letture e di interessi speculativi le cose prendono un colore particolare.
L'edificio è di aspetto e origine medievale, però probabilmente costruito su resti di una domus romana, come, ad esempio, tra l'altro, il pozzo sotterraneo di collegamento ad un qanat, ossia una rete idrica in uso presso le popolazioni mediorientali e molto simile a quella che lo stesso Pilato avrebbe costruito a Gerusalemme.
Qui a Bisenti questo acquedotto sotterraneo, che capta le acque sorgive nelle falde a monte del paese, dalla casa di Pilato scende verso il paese, alimentando la Fonte Vecchia (del 1730, ma i cunicoli in laterizio che conducono le acque sono molto più risalenti, probabilmente di epoca romana) dalla quale tutt'oggi fuoriesce un flusso abbondante di acqua.
La costruzione di questo qanat, con il pozzo e le cisterne sotterranee per la raccolta delle acque, viene attribuita a Ponzio Pilato, che l'avrebbe fatto realizzare dopo il ritorno dalla Giudea.
Così, tra storia e leggenda, il nome di colui che processò Gesù continua ad aleggiare su questo bel paese di Bisenti, con la sua magnifica chiesa della Madonna degli Angeli, medievale ma ristrutturata nel 1796 (con, tra l'altro, tele di rilievo e la volta affrescata con tre medaglioni attribuiti ad uno dei più importanti pittori della seconda metà del Settecento, Giacinto Diano, detto "o' Puzzulaniello", in quanto nativo di Pozzuoli, lo stesso che un paio di anni prima aveva lavorato agli affreschi della volta della Madonna del Ponte a Lanciano), la torre medievale e con il suo vino Montonico, che è davvero da gustare come testimone di un territorio di ricca autenticità.
(Per chi volesse approfondire l'argomento suggerisco i seguenti libri: Graziano Paolone - Angelo Panzone, Io Ponzio Pilato di Bisenti, Ed. Ricerche & Redazioni, 2015; Massimo Miglietta, INRI: studi e riflessioni intorno al processo a Gesù, Ed. Satura, 2021).