PIERO DI PENTIMA.
05 marzo, 2022. Cultura.
Le luci di tutta la vallata erano spente, c'era un silenzio anomalo e assoluto. Come in quelle prime settimane di quel maledetto virus. Poche macchine in giro, i fari frettolosamente tinti di scuro per non farsi notare. Camminavo in fretta, tra un ora sarebbe scattato il coprifuoco. Sollevando lo sguardo incrociai una mezza luna, diafana. Se ne stava lì tranquilla, mi disturbava la sua apparente impertubabilita'. Forse si stava divertendo. Tra poco, forse, il pianeta blu sarebbe diventato grigio e butterato come lui, figlio minore. Questione di settimane. Eravamo in guerra da venti giorni. Dopo 80 anni ci eravamo ricascati. Una faccenda da poco; un aereo russo aveva invaso lo spazio aereo polacco, ed era stato abbattuto da un pilota zelante. Ma dico, che ci sono le linee di confine in cielo? Di che colore sono? Potrei raccontare cosa è successo dopo, ma lo sapete già. Ieri hanno bombardato l'aereoporto a Pescara, sembrava una festa di paese. Solo che il colore dei fuochi era limitato al rosso.
Sostituiva tutti gli altri e gli effluvi nauseanti della polvere da sparo e del cherosene bruciato si percepivano fino in paese drogando anche le campagne. Le linee ferroviarie, i ponti delle autostrade, erano già andati dai primi giorni. I russi avevano usato missili balistici, non si erano nemmeno levati in volo gli aerei. Troppo spreco di tempo. Avevamo perso la nostra identità rapidamente, mentre facevamo a botte nei supermercati per accaparrarci più provviste possibili, assaltavamo le banche e le farmacie, tagliavamo gli alberi dei viali e le querce dei fossi per riscaldarci. L'inverno aveva preso il posto della primavera.Il gas lo avevano tolto subito, la corrente solo poche ore al giorno. Non tutti. E così la maggior parte delle provviste era andata in malora. Ci si rese subito conto che chi viveva in campagna aveva più chances di farcela, per il momento, grazie a gruppi di continuità, agli stoccaggi di nafta agricola, agli animali e agli orti. Si difendevano, con i fucili da caccia, da ogni intrusione. Alle fontane le donne facevano la fila, come ai tempi dei miei nonni. Parlavano ma era più un indefinito sussurro. L'amore per la vita rendeva paradossalmente immonde le persone che, dopo un primo momento di solidarietà, in classifica mettevano sempre prima se stesse e le loro famiglie. Le cose andavano male.
Nelle città vigeva la legge del più forte. La resistenza?? Ma cosa vuoi combattere quando nemmeno sai da dove arriva il pericolo?? Non volevano invaderci, era più facile distruggerci a distanza. Vero il grosso del conflitto era ancora convenzionale e si stavano scannando il in quella che una volta si chiamava Galizia, tra la Polonia e Ucraina. Ma le testate erano già pronte. Nei silos, nei sottomarini, nellle pance degli aerei. Quale città sarebbe stata la prima? Quale l'ultima? Me ne andavo così, nero e ingobbito. I pensieri mi laceravano l'anima.
Andavo da Peppino, chissà come aveva fatto ma mi aveva messo da parte un chilo di farina. Almeno stasera potevo dare qualche cosa in più ai miei ragazzi. Ero uscito presto quella mattina, a piedi per risparmiare benzina. Dovevo risolvere ancora qualche faccenda . Ero passato dal centro della protezione civile, per chiedere informazioni e prendere delle scatolette di cibo. In realtà avevo bisogno di respirare aria pura. Il cielo era incredibilmente sereno. No. Non poteva essere vero quello che stavo vivendo.
La Maiella luccicava ancora del bianco di quella incredibile nevicata di fine febbraio. Si era messa la veste più bella. Si preparava alla fine con il più elegante dei sudari. Avevo invano cercato di scoprire nel volto degli amici che incontravo la speranza. Rubavo sorrisi. Ad uno confessai che non avevo paura di morire. Ma non accettavo l'idea che dovessero perire quelli che amavo. L'inquietudine scorreva nelle mie vene con la velocità della luce. Ero un cumulo di macerie sospese nell'aria che aspettavano solo di crollare. Nel pomeriggio avevo dormito. Io, che non mi fermavo mai. E quando avevo aperto gli occhi l'incubo era ancora lì.Camminavo e portavo a spasso i segni della malattia, mutilato dalla guerra senza essere stato ferito.Me ne andavo così, in compagnia di una brezza tagliente. All'improvviso scorsi delle luci intermittenti, come lucciole nei campi di maggio, scuotere il buio.Poi si accesero tutte. Simultaneamente. Pensavo fosse la fine. Sentii una voce. Milioni di voci amplificate dal silenzio. Era scoppiata, sì. La Pace!
Foto: Pablo Picasso, La pace, 1952. Internet