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REMO DI LEONARDO. Il maestro Nicola D'Antino da Caramanico è legato a Pianella da due opere realizzate: la lapide del Monumento ai caduti, Allegoria della Vittoria, che incorona i soldati di Pianella e un busto raffigurante il marchese Gesualdo (Aldo) de Felici all’età di circa sette anni.
L’attribuzione della lapide è stata possibile grazie al materiale ritrovato nell'archivio storico comunale: il 10 febbraio del 1921 e presente nel Catalogo generale dei Beni Culturali. Il consiglio comunale diede mandato al sindaco di istituire un comitato per la posa della lapide. In ottobre, quindi, il sindaco scrisse ai suoi omologhi di Cepagatti, Moscufo, Castellammare Adriatico e Collecorvino, dove erano già state poste delle lapidi commemorative, per conoscere i criteri con cui selezionare i nomi da incidere sul monumento. Intanto, anche la comunità pianellese residente negli Stati Uniti, a Philadelphia, promosse una sottoscrizione e una raccolta firme, lamentandosi poi, con una lettera datata 25 marzo 1922, per il ritardo con cui procedevano i lavori.
Ecco l’elenco di alcuni sottoscrittori Pro’ lapide Caduti Pianellesi: Antonucci Otello $ 5.00, Antonucci Donato $ 3.00, Argento Alfredo $ 5.00 Argento Orlando $10.00, Aronne Dr. Armando $10.00, Aronne Alfredo $10.00, Aronne Maria $ 2.00, Aronne Camillo $10.00, Aronne Maria $ 2.00, Baggiano Vincenzo $ 5.00, Battilana Lorenzo $ 5.00, Bevilacqua Vincenzo $ 10.00, Cancelli Oreste $ 10.00, Cancelli A. $ 10.00, Cancelli Lina $ 5.00, Cancelli M. $ 5.00, Cancelli A. $ 2.00, Cancelli Anna $ 2.00, Cancelli Pietro $ 5.00, Cancelli Silvia $ 2.00, Cancelli J. $ 2.00, Cancelli V. $ 1.00…
Dalla Pagina personale di Facebook “Almanacco di Pianella” di Silvia Cancelli apprendiamo che già nel 1919, il Presidente della deputazione delle Feste religiose in onore di San Rocco, organizza l’estrazione di una tombola nel giorno 31 agosto, a totale beneficio della costruzione in Pianella della lapide commemorativa dei caduti nell’ultima guerra.
Dal carteggio, che intercorse tra D’Antino e il sindaco, apprendiamo, infatti, le difficoltà del Comune nel reperire il denaro per pagare gli esecutori dell’opera, a cominciare dallo stesso artista.
L’inaugurazione avvenne il 16 luglio 1922, con una solenne commemorazione ai Caduti e alla presenza del D’Antino stesso che, in una lettera datata 26 agosto 1922, ringrazia i Pianellesi per l’ospitalità ricevuta e si dichiara contento per il gradimento che l’opera ha avuto presso la popolazione.
La lapide venne collocata in Piazza della Vittoria, presso la facciata dell’allora sede comunale di palazzo De Caro, come attestano alcune foto d’epoca. In seguito, tra il 1927 e il 1929, lo storico locale Vittorio Morelli riferisce che il fabbro Polidoro Santino aggiunse i due elementi in bronzo posti in basso: questi, infatti, coprono parte delle incisioni presenti sulla lapide e appaiono di materiale diverso rispetto al soggetto principale dell’opera. Morelli, inoltre, riporta la notizia del trasferimento della lapide in Piazza Garibaldi, avvenuto nell’autunno del 1940, per volere del podestà Dott. Gustavo Conti. Durante il ventennio, vennero apposti altri due nomi, proprio in corrispondenza dei piedi della vittoria alata: Panaccio Remo, seguito dalla sigla A. O. I., che indica la morte durante la Guerra d’Etiopia (Africa Orientale Italiana); e Romano Giuseppe per il quale, con la sigla O. M. S. (Oltre Mare Spagna), si specifica che cadde durante la Guerra di Spagna. Nel 1998, sotto la lapide, è stata collocata l’opera dello scultore abruzzese Ireneo Janni, accompagnata da altri due elenchi: il primo, a sinistra, integra quello dei caduti durante la Prima Guerra Mondiale ed è stato riportato tra parentesi quadre nella trascrizione di questa scheda; il secondo, a destra, contiene i nominativi dei caduti durante la Seconda Guerra Mondiale. L’integrazione dei nomi mancanti dei caduti è stata effettuata da V. Morelli negli anni del Sindacato di Manuela Pierdomenico.
Malgrado D'Antino sia noto per le sculture littorie, commissionate durante il periodo fascista, negli anni 20 si cimentò anche in piccole sculture private come quella del busto raffigurante il marchese Gesualdo (Aldo) de Felici, all'età di circa sette anni, dove sono evidenti le caratteristiche fisionomiche dell'adolescente dal volto liscio e carnoso, dal mento appuntito con labbra ben definite e naso sottile ma deciso. Occhi grandi dalle palpebre rilevate e delle pupille incise sono evidenziati da una ruga che segna il trapasso delle arcate orbitali. Una morbida chioma ricopre la calotta e scende a coprire parte della fronte. L’eleganza e il trattamento grafico delle superfici, sono riscontrabili anche nelle altre opere di questo artista. Si tratta di una scultura datata 1931 in bronzo/fusione.
Brevi cenni biografici di Gesualdo de Felici
Gesualdo de Felici nasce a Roma il 19 gennaio 1924 da Luigi ed Erminia Sabucchi; la sorella era Delfina de Felici moglie del benestante Lucio Curato. Gesualdo sposò in I nozze Maria Marasca e in II nozze Elena Bova. Dalla prima moglie avrà due figli: Maurizio e Fabio. Maurizio nasce nel 1949 e sposa Anna Capitanio in I nozze e Tania Spinelli in II nozze. Dal primo matrimonio nascono Maria Flaminia e Maria Beatrice; il secondo genito Fabio nasce nel 1951 e sposa Laura Ambro dalla quale avrà un figlio Francesco deceduto prematuramente nel 1995.
Le spoglie di Gesualdo de Felici e della moglie Elena Bova sono custodite nella Cappella della Famiglia de Felici nella chiesetta di Santa Lucia a Pianella insieme al padre Luigi.
Secondo alcune fonti, Gesualdo, durate la seconda guerra mondiale, con i Tedeschi, che avevano requisito il Palazzo dei de Felici in Piazza Garibaldi, seppur giovanissimo, unitamente alla sua famiglia, si mostrò subito degno dell’omonimo avo quando, pur di assicurare alla nostra cittadina l’incolumità sia delle azioni vessatorie dell’esercito occupante, sia dei bombardamenti degli Alleati, mise a repentaglio la propria vita mediando con il comando tedesco presentando le necessità ed i possibili diritti dei cittadini pianellesi.
Il marchese Gesualdo, allora appena ventenne, evitò la cattura da parte del comando tedesco, quando iniziò la ritirata da Pianella, cogliendo una situazione favorevole e correndo notevoli e vitali rischi, riuscì a fuggire sottraendosi alla definitiva deportazione in Germania.
Dopo il 1955, il marchese Gesualdo, restaurando il palazzo di Piazza Garibaldi, ha iniziato la ricomposizione della sua biblioteca (oggi dispersa), dove erano custoditi opere librarie e cimeli di inestimabile valore, specie per i dati che vi si potevano attingere sulla vita e la storia socio-economico di Pianella.
Gesualdo de Felici dopo aver ereditato insieme alla sorella Delfina la ditta Tabacchificio Sabucchi di Pianella, assieme ad alcuni agricoltori della zona costituirono una Società (Società Italiana Tabacchi S.I.T.) per la produzione e la lavorazione di tabacchi orientali.
Gesualdo de Felici muore a Pianella il 6 febbraio del 1994.
Cenni biografici di Nicola D’Antino
Nicola Eugenio D’Antino era figlio di Vincenzo e di Floridea Chirone (Tirone), nasce a Caramanico Terme, il 31 ottobre 1880, muore a Roma, il 3 novembre 1966; è stato uno scultore italiano.
A dieci anni divenne allievo di F. P. Michetti, che era solito trascorrere a Caramanico le proprie vacanze e, con la sua affettuosa guida, il giovane D’Antino imparò il disegno ispirandosi ai circostanti paesaggi agresti.
Fuamico di Francesco Paolo Tosti e Basilio Cascella. Al Michetti, nel 1938, dedicò un monumento presso il Convento di Francavilla al Mare.
Il suo stile oscilla tra il veristico ed il liberty, modificato durante il periodo dell'arte di regime.
Studente presso l'Accademia delle Belle Arti di Roma, espose in Italia e in Inghilterra studiando il ruolo architettonico ed urbanistico della scultura.
Dal 1898 studiò a Roma sotto la guida dello scultore Ettore Ximenes. Frequentò poi, a Napoli, l'Accademia di belle arti, seguendo le lezioni di Achille D'Orsi. Durante il soggiorno napoletano conobbe Vincenzo Gemito, Edoardo Scarfoglio e Antonio Mancini, imbevendosi di verismo partenopeo: la sua produzione giovanile è influenzata dal naturalismo dei suoi primi maestri.
Venne insignito del titolo di Grande Ufficiale della Corona d'Italia ed ebbe tra i suoi estimatori il conterraneo Gabriele D'Annunzio, del quale imita i gusti e lo stile di vita. La sua cultura predilige il nudo femminile ma anche quello infantile: temi che gli permettono di evitare il descrittivismo naturalistico in contrasto con la sua tendenza alla stilizzazione secessionista e di realizzare il suo precipuo ideale, quello della bellezza come perenne gioventù. Ma opera principalmente in Abruzzo.
Tra le opere più conosciute si ricordano la statua della Fontana luminosa all'Aquila 1934, con le due donne nude abruzzesi che sorreggono schiena a schiena, la tipica conca simbolo della regione, la Vergine Assunta veneratain Caramanico Terme (collegiata di Santa Maria Assunta), il monumento a Raffaele Paolucci a Orsogna, il busto di Gabriele D'Annunzio 1933, Pescara (Piazza Italia), Statue dei nudi di donna del Ponte Littorio 1935, Pescara, distrutto nel 1944, le statue sono state razziate dai Tedeschi - oggi vi si trova il Ponte Risorgimento, con le sculture di Andrea Cascella e le due fontane di Piazza Duomo a L'Aquila.
Fu presente all'Esposizione degli amatori e scultori di belle arti del 1909 con due opere che preludono al suo impegno maggiore: Particolare d'un monumento funebre e Ritratto di signorina.
Nel 1910 vi espose tre bronzi e una piccola terracotta, affermandosi in modo definitivo. Partecipò nel 1911 all'Esposizione Internazionale di Roma, con Signora; l'anno dopo espose nella sala romana della prima Mostra d'arte giovanile a Napoli con i pittori Arturo Noci, Carlo Alberto Petrucci, Umberto Natale Bertoletti e gli scultori Arturo Dazzi, Giovanni Niccolini, Giovanni Prini e Amleto Cataldi, assieme ai quali partecipò, nell'estate dello stesso anno (con il marmo Ritratto della baronessina De Rubeis e due figure in bronzo), alla Mostra del ritratto, allestita nei locali del Circolo artistico di Roma.
Nel 1918 tenne una mostra personale alla galleria A. De Conciliis di Milano assieme ad Umberto Prencipe (pittore ed incisore), esponendovi ventuno opere, quasi una retrospettiva completa delle precedenti occasioni collettive ufficiali di Napoli e di Roma.
Nel 1921 il D. collaborò con la rivista Cronache d'attualità, diretta a Roma da Anton Giulio Bragaglia, pubblicando un gruppo di disegni; nello stesso anno fu membro della Commissione ordinatrice della I Biennale romana, mostra alla quale parteciperà nel 1923 e 1925. Nel 1922, 1926, 1928, 1932 e 1934 partecipò alla Biennale di Venezia. Espose anche alle Sindacali romane del 1932, 1933, 1934 e 1940 e alle Quadriennali di Roma del 1931, 1935 e 1939.
Gli ultimi anni della vita dell'artista trascorsero tra i ricordi di una apprezzata carriera di scultore e la ripresa della pratica della pittura con la quale il D. si era presentato alla Biennale di Venezia del 1934; rare le occasioni di mostrarsi in pubblico. Tra queste va segnalata la collettiva cui partecipò con V. Brozzi ed A. Bocchi, nel 1947, alla galleria Addeo di Roma.
Il D. morì a Roma il 3 novembre del 1966, lasciando una situazione ereditaria confusa che rende difficile una catalogazione complessiva delle sue opere.
Fonti e Bibliografia:
Remo DI LEONARDO, Lacerba, settembre 2022 .
A. Colasanti, L'Esposiz. internaz. d'arte in Roma, in Emporium, XXXI (1910), pp. 375, 381, 386;
A. Lancellotti, La prima mostra d'arte giovanile a Napoli, ibid., XXXV (1912), pp. 229 s.;
Id., La mostra del ritratto a Roma, ibid., XXXVI (1912), pp. 78 s.;
A. Colasanti, Le esposizioni di belle arti a Roma, ibid., XXXVII (1913), p. 427;
A. Lancellotti, La IV mostra internazionale della "Secessione", ibid., XLV (1917), pp. 298, 300 ss.;
Id., La I Biennale romana, Roma 1921, pp. 55, 167;
R. Fanti, N. D. scultore delle classiche eleganze e delle linee armoniose, in La Gazz. delle arti (Roma), 20 maggio 1949;
F. Sapori, Escultura ital. moderna, Roma 1950, p. 453;
E. Lavagnino, L'arte moderna dai neoclassici ai contemporanei, Torino 1956, II, pp. 1151, 1153;
F. Bellonzi, Arte moderna in Italia 1915-1935 (catalogo), Firenze 1967, p. 20;
G. Incisa della Rocchetta, La collez. dei ritratti dell'Accademia di S. Luca, Roma 1978, pp. 96 n. 444, 292 fig. 433 (Autoritratto, 1926, bronzo);
M. F. Giubilei, in Il Liberty italiano e ticinese (catal.), Lugano 1981, p. 65;
M. Quesada, in Gli artisti di villa Strohl Fern (catal.), Roma 1983, pp. 33-36.
Sitografia
https://catalogo.beniculturali.it/detail/HistoricOrArtisticProperty/1300086975
https://catalogo.beniculturali.it/detail/HistoricOrArtisticProperty/1300283024
www.treccani.it/enciclopedia/nicola-eugenio-d-antino_%28Dizionario-Biografico%29/