Benedetto Croce, il filoso, letterato e politico abruzzese. Anniversario della morte (1952-2022)

REMO DI LEONARDO (Lacerba 10 dicembre 2022)

Benedetto Croce

Benedetto Croce disse di sé: «Sono liberale come mi sento napoletano». Le molte pagine su Napoli testimoniano il legame con la città, tuttavia, Croce non era napoletano ma abruzzese, di Pescasseroli.

Nel 1910 disse: «Mi son detto spesso a bassa voce, tra me e me, e qualche volta l’ho detto anche ad alta voce: – Tu non sei napoletano, sei abruzzese!». Dunque? Nel Croce napoletano c’è un’anima abruzzese determinante per la sua formazione e Il legame con la famiglia e con la sannita terra d’origine non venne mai meno.

Benedetto Croce nacque il 25 febbraio 1866 a Pescasseroli, in provincia di L'Aquila, morì a Napoli il 20 novembre 1952.

 Dopo la scomparsa dei genitori a causa del terremoto di Casamicciola del 1883, fu affidato alla tutela del cugino Silvio Spaventa, nella cui residenza romana conobbe molti politici ed intellettuali dell'epoca.

Dopo un appoggio iniziale al partito fascista, se ne distaccò in seguito all'omicidio Matteotti. Croce divenne poi gradualmente uno dei simboli del dissenso al regime, redigendo il Manifesto degli intellettuali antifascisti e prendendo fermamente posizione contro le leggi razziali.

«La storia mi metterà tra i vincitori o mi getterà tra i vinti. Ciò non mi riguarda. Io sento che ho quel posto da difendere, che pel bene dell'Italia quel posto dev'essere difeso da qualcuno, e che tra i qualcuno sono chiamato anch'io a quell'ufficio. Ecco tutto.» (1)

Casa natale di Benedetto Croce

Dopo la caduta del regime fascista, avvenuta il 25 luglio 1943, il filosofo abruzzese partecipò attivamente alla vita politica in qualità di presidente del Partito Liberale Italiano dando vita, insieme agli antifascisti liberali, al quotidiano politico  Risorgimento Liberale fondato da Nicolò Carandini e Leone Cattani. I principali finanziatori furono due principi del foro: Francesco Libonati ed Enzo Storoni, entrambi romani.

Il numero 1 uscì il 18 agosto 1943 diretto da Leone Cattani, il n. 2 il 6 settembre. Dopo l'8 settembre e l'occupazione nazista di Roma, il quotidiano entrò in clandestinità.

Nel 1944, 5 gennaio fu ristampato (recando da allora la sottotestata «Organo del partito liberale italiano»). Il 4 giugno 1944 Risorgimento liberale tornò ad avere regolari uscite quotidiane. Fu nominato direttore Mario Pannunzio mentre il giornale era composto da due pagine di testo (un “foglio” in senso tecnico).

Il 28 ottobre del 1944, Benedetto Croce, scrisse sul giornale il Risorgimento liberale, Organo del Partito Liberale Italiano, un articolo di fondo dal titolo “Chi è fascista?". Si tratta di una critica sulla “qualificazione” di fascista “rilasciata assai spesso dall’un avversario all’altro” in uso subito dopo la caduta del fascino.

Nel ricordare la figura dell’illustre letterato, filosofo e politico abruzzese, a settantanni dalla scomparsa, ho pensato di pubblicare, un estratto di quell’articolo, ritrovato nel mio archivio in questi giorni in quanto credo utile a comprendere il contesto storico, politico ed umano del tempo.

IL RISORGIMENTO LIBERALE

ORGANO DEL PARTITO LIBERALE ITALIANO

 “Chi è fascista?"

Nelle quotidiane polemiche la qualificazione di “fascista” è lanciata e rilanciata assai spesso dall’un avversario all’altro.  Credo anch’io che nel costume e nelle pieghe mentali persiste ancora (è come potrebbe non essere dopo così, lungo malanno?) non poco fascismo, del quale bisogna studiarsi, di giorno in giorno, di venire purgando sé stessi e gli altri. Ma quella parola, nei modi in cui ora è adoperata, rischia di diventare un semplice e generico detto di contumelia, buono per ogni occorrenza, se non si determina e non si tien fermo il proprio significato storico e logico.

Oggi, da parte dei comunisti e socialisti italiani il riferimento logico e storico della parola è rivolto, assai spesso, ai liberali, cattolici, democratici o altretali partiti non comunisti né socialisti rivoluzionari, ma professanti il metodo delle libere elezioni e delle legali votazioni, e che perciò, come tali, vengono accusati, secondo che meglio piace, ora di «conservatori» e ora di «fascisti»; e, da parte di questi partiti, la parola, per l’opposto, è rigettata in volto ai comunisti e socialisti rivoluzionari, in quanto predicano il ricorso alla violenza e alla dittatura, sia pure sotto il nome del Proletariato invece che dello Stato e della Nazione.

Ciò lascia supporre che il fascismo sia stato un movimento di una classe o di un gruppo di classi sociali contro un’altra classe o gruppo. E’ questo è del tutto falso.

Chi rammenta le origini il primo prorompere del fascismo in Italia, e ne ha seguito con attenzione lo svolgimento o piuttosto le vicende e le avventure, sa che il fascismo trovo i suoi fautori e sostenitori in tutte le classi e in tutti gli ordini, economici e intellettuali [...] gentiluomini e dame di antica nobiltà, degni sacerdoti, studiosi, avvocati, medici, ingegneri, popolani e operai. Superiore concordia di cuori che ora è un ricordo dolcissimo e allora ci dava saldezza e forza contro i non pochi che appartenevano alle nostre stesse classi sociali o professionali e si erano legati al fascismo. [... ]

Ma se questo giudizio, pel quale fido sulla memoria, il discernimento e l’equanimità di coloro che hanno vissuto quegli anni, circa l’origine non classista del fascismo, paresse avere bisogno di conferma, aditero la dimostrazione che se ne dà da uno dei più acuti conoscitori e critici del fascismo e nazismo, Peter F. Drucker, nel suo libro “The end of economic man. A study of the New Totalitarianism.” [...]

Come mai ciò? Perchè il fascismo e il nazismo furono un fatto o un morbo intellettuale e morale, non giàclassistico ma di sentimento, d’immaginazione e di volontà, genericamente umana, una crisi nata dalla smarrita fede non solo nel razionale liberalismo ma anche nel marxismo, che era a suo modo razionale sebbene materialistico, il quale fallì nella promessa attuazione di una libera società di uguali e diè luogo a regimi di assolutismo e di privilegiato classismo burocratico.

[ ...] Il Mussolini asserì che l’esperienza delle cose umane lo avevano svegliato dal dommatico sogno socialistico della sua giovinezza ma dopo un po’ o simultaneamente parlo della statizzazione della proprietà e si adulo operaio e contadino e proletario  si circondo della peggiore borghesia , quella affaristica, ma ordino una campagna contro la borghesia , e quando gli si domando come gli fosse saltato in mente di vietare l’uso del Lei andando contro la lingua  e la grammatica italiana  rispose: è un altro pugno che ho dato negli occhi alla borghesia![...]

Insomma, anche innanzi al fatto del fascismo, e ingenuo credere di averne trovato la radice nei superficiali e meccanici concetti delle classi economiche e delle loro antinomie, ma bisogna scendere molto più in fondo: nei cervelli degli uomini; e cola scoprire il male, e cola (ed e certamente difficile) esercitare la sola cura che abbia speranza di riuscire salutare.

Ma ciò merita un più lungo discorso, che prenda le cose più ampiamente e un po’ più di lontano come conviene per rendersi chiara la grande crisi storica dei nostri tempi; e se altri non lo farà in mia vece, alleggerendomi la fatica, come vorrei augurarmi, mi proverò a farlo io in altra occasione.”

BENEDETTO CROCE

BIBLIOGRAFIA.

(Lettera a Vittorio Enzo Alfieri del 10 ottobre 1925)

Benedetto CROCE, “Chi è fascista”? il Risorgimento liberale - Organo del Partito Liberale Italiano, 28 ottobre del 1944

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