Arti e mestieri a Pianella - Frammenti storici di vita quotidiana / 2 –

REMO DI LEONARDO.

“l’Officina Anno VII – N° 22 - 3 Bim. 1994”.

CALZOLAI E SARTI

Tra le più radicate e curiose e tradizioni popolari dell'antica civiltà contadina vi è sicuramente “l'arteggiane a staje”. Così venivano chiamati i calzolai e sarti che lavoravano a domicilio riparando scarpe, giacche e pantaloni. Questi artigiani venivano pagati in natura ad ogni stagione di raccolta con grano, olio, vino e formaggio.

C’era una distinzione da fare al momento del contratto annuale fra l'artigiano “con le spese” e quello “senza spese”.

Al primo, che lavorava dall'alba al tramonto, spettavano colazione, pranzo e cena. Quelli “senza spese”, invece, erano costretti a portarsi da mangiare (un pasto frugale fatto, quando andava bene, con una salsiccia e una mezza bottiglia di vino), ma spettava loro, a fine stagione, una quantità maggiore di prodotti in natura.

Nelle nostre campagne del passato c'era una sorta di curiosa discriminazione fra i calzolai e i sarti, tutta a favore dei secondi i quali per esercitare il loro lavoro venivano ammessi nella stanza migliore della casa al caldo, mentre ai calzolai toccava spesso lavorare anche nella stalla. Non per niente il sarto veniva chiamato “mastre”, mentre il calzolaio lu scarpare.

C'è stato comunque un campo in cui i calzolai e i sarti si sono realizzati in pieno, annullando ogni discriminazione: il campo musicale. Molti di loro, infatti, sono stati ottimi suonatori delle bande abruzzese ed in particolare della famosa banda dei Diavoli Rossi di Pianella ed altri successivamente della Filarmonica. Chi non aveva avuto la possibilità e la fortuna di imparare a suonare uno strumento musicale sapeva in ogni caso fischiettare le arie di un'opera lirica.

CALZOLAI E CIABATTINI DALL'800 AD OGGI

Ferrante Ignazio (1780); Iezzi Ignazio (1781); Giusini Francesco (1782);  Pietranico Valentino 1782; Palma Domenico Antonio (1783); Travaglini Silvestro (1794); Viola Camillo (1794);  d’Antè  Giuseppe (1799); De Angelis Pantaleone (1800); Fracasso Francesco (1802); Izzicupo Orazio (1804); Masciovecchio Raffaele (1804), Novigno Raffaele (1806), Iezzi Domenico (1807), Mattucci Domenico (1809), Pagannone Camillo (1813), Pagannone Antonio (1826), Agresta Pietro (1898), Pierdomenico Vincenzo (1833),  Di Rocco Andrea (1838), Antonucci Croce (1852), Ranalli Vittorio (1860), Prospero Vincenzo (1870), Aielli Alfonso (1872), Martella Gaetano (1873), Di Pentima Antonio (1875), Di Fonzo Giuseppe (1879), Caporaletti Pantaleone (1889); Di Fonzo Rocco (1891), Del Biondo Ottorino (1892), Lancieri Vincenzo (1894), Antonucci Umberto (1897), Martella Vincenzo (1897), Masciovecchio Donato (1900), Masciovecchio Silvestro (1900), Masciovecchio Vincenzo(1900), Di Girolamo Rocco (1901), Esposito Attilio (1901), Provinciali Solferino (1901), D’Addario Ortenzio (1903), Fratini Domenico (1903), Sebastiani Giovanni (1903), Colangelo Sabatino (1904), Passeri Donato (1904), Faricelli Giuseppe (1905), Gilberti Vincenzo (1905), Di Pentima Antonio (1906), D’Urbano Umberto (1906), Antonucci Giovanni (1907), Cantelmi Antonio (1907), Fratini Gabriele (1907), Pagannone Armando (1908), Aielli Umberto (1908), Di Nicolantonio Vincenzo (1909) Tascione Nazzareno (1909), Pietrangeli Francesco (1910), Tascione Antonio (1913), Di Casimiro Domenico, Esposito Fausto, Tascione Alberto (1921), Di Battista Pio (1922), Iacobucci Corrado (1937), Toro Ugo, Dino

GLI ARNESI DEL CALZOLAIO “LU SCARPARE”

Lu fusòtte = busetto;  la forme de ferre = la forma di ferro;  la sobbie = la lesina; lu pundarole = il punteruolo;  la tenaje =  tenaglia; lu bbesecule = il bisegolo; la forme = la forma; lu rungiotte = il trincetto; lu cacciaforme = il tiraforma; la leme a triangule = la lima a triangolo; la raspe = la raspa; la sgoffie= la liscia; lu ferre da tacche = ferro da tacco (piede di ferro); la pinze da scarpare = la pinza del calzolaio; lu bangotte = il deschetto; lu lume p’arescallà le fierre = il lume per riscaldare i ferri da lavoro.

Lu scarpare ( Giuhanne lu Crezie)

(omaggio a Giovanni Sebastiani)

Quande parle Giuhanne lu Crezie

sembre addebbone nu feloseme,

se ci vi’ pe’ nu cunzeje è na delezie

subbete t’aresolve lu probbleme.

E’ pazze pe’ la museche da  bbande

va gerenne cettà e paese

pe’ sendè lu mastre Centofande…

Te’ tutte amecezzie ‘mburtande

prite, spezìale e marescialle,

nghe osse nesciune po’ fa’ lu halle.

L’àje ‘ngundrate che jove predechenne:

“A stu monne nesciune cchiù se ‘ndenne.

Ngocce poche cile, poche cerehuelle…

la Vete a duhuendate ‘na sciarpelle”.

Prossimamente saranno inserite altre foto.

CONTINUA – Sul prossimo numero tutti i nomi e gli arnesi del sarto.

Foto di copertina: Di Casimiro Domenico (Ciabattino) - Di Nicolantonio Dante (Sarto)

Archivio "Ama Pianella" .

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