APPUNTI DI VIAGGIO: FONTECCHIO

ANTONIO MEZZANOTTE.

Avviso ai naviganti: se capitate nella valle dell'Aterno, percorrendo la statale subequana che da San Demetrio ne' Vestini scende verso Molina, fermatevi a Fontecchio (AQ), fidatevi, è un suggerimento prezioso.

Prima annotazione: una fontana monumentale del 1300 tra le più belle d'Italia. Essa probabilmente è all'origine del toponimo (Fons Tichiae). Dire fontana è riduttivo, è necessario precisarne i particolari: in pietra bianca, vasca poligonale a quattordici facce, intervallate da colonnine lisce, dalla quale emerge una colonna con quattro mascheroni recanti altrettante cannelle. La colonna prosegue con una sezione ulteriore a tronco di cono che regge una base a forma di carciofo, dalla quale si eleva una edicola gotica, a sei colonnine, i cui capitelli reggono a loro volta una cuspide piramidale.

Dietro la fontana, addossata a un edificio e al di sopra di un abbeveratoio v'è la nicchia contenente l'affresco della "Madonna dell'uccellino", pure esso trecentesco, così detta per via del disegno di un uccello che reca tra le mani e con il quale sembra giocare il Bambinello. Altre figure di angeli e santi decorano lo spazio interno dell'arco, mentre sul piedritto è disegnata una fontana esagonale molto somigliante a quella della piazza antistante con uno dei leoni rampanti dello stemma comunale.

Dalla piazza si entra nel borgo fortificato: una prima porta, detta appunto Porta Piazza (o Porta Castello), consente l'accesso al sistema difensivo di case-mura più esterno, frutto di una espansione urbanistica cinquecentesca. Inizia, così, un susseguirsi di edifici medievali: antiche dimore, botteghe, archi, gradinate, portali col monogramma di San Bernardino (IHS, in caratteri gotici e sormontato da una croce, inserito in un sole, simbolo di pace e di devozione a Cristo, che ho ritrovato in tanti altri luoghi dell'aquilano: si dice e si racconta che San Bernardino nei suoi sermoni invitava ad apporre questo simbolo sulle porte delle case per segnalare, in un'epoca dilaniata da forti contrasti politici, lotte fratricide e guerre tra vicini, l'appartenenza a Cristo come unica, concreta via per la pace e per la salvezza dal male).

Si arriva così al nucleo antico, ma per entrare bisogna oltrepassare la Torre dell'Orologio, al di sotto della quale vi è Porta dei Santi. Dotata di beccatelli e caditoie che ne rivelano la funzione militare, la torre ha un orologio a quadrante italiano o a sei ore. In pratica, è una convenzione per computare il tempo, secondo la quale il giorno va dall'Ave Maria della sera (circa mezz'ora dopo il tramonto, quando termina il crepuscolo) a quella successiva e si articola in 6 ore ripetute per 4 volte. Venne introdotto nel XIII secolo e rimase in uso in Italia sino all'arrivo di Napoleone, che portò il sistema orario a 12 ore. Mi sembra di averne visto uno simile su Santa Maria del Balzo a Musellaro (PE).

Dalla Porta dei Santi, adornata interamente dell'affresco di una Madonna col Bambino, il paese si snoda tra salite e viuzze, angoli e ruelle, da visitare rigorosamente a piedi, fino ad arrivare sulla sommità del colle e trovare un campanile a vela, unico elemento integro superstite della diruta chiesa di San Nicola, della quale non restano ormai che le mura perimetrali. Su tutto l'insieme dei fabbricati si staglia imponente il Palazzo Corvi, un vasto complesso di ambienti contenente anche una torre, una cisterna e un loggiato.

Si dice e si racconta che nel corso dei moti del 1648 il paese fu sottoposto all'assedio di truppe spagnole. Ormai allo stremo, Fontecchio venne liberato grazie al coraggio della marchesa Corvi, che con un colpo di spingarda dall'alto delle mura riuscì a ferire mortalmente il capitano dei nemici, che, a quel punto, fuggirono. In ricordo di quelle vicende, fino a qualche tempo fa ogni sera la Torre dell'orologio batteva 50 rintocchi, tanti quanti i giorni dell'assedio. Non so se questa tradizione permanga tutt'oggi.

Il dedalo di viuzze scende sino alla Porta da Piedi, da cui proseguire lungo l'antica via di fondovalle alle pendici del Sirente.

Altro, ma davvero tanto altro ci sarebbe da dire (per esempio del sistema di captazione delle acque, del forno medievale, degli affreschi del vicino convento francescano, della Porta dell'Orso o del grande assedio del 1425, quando Fontecchio fu l'unico dei castelli aquilani a resistere a Braccio da Montone, o ancora del brigante Barbanera che qui nascondeva i suoi marenghi), ma se condenso tutto in questo post domenicale, poi chi legge andrà mai a scoprire il resto?

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