REMO DI LEONARDO.
Si conclude con questo numero il viaggio a ritroso nel tempo alla ricerca dei mestieri e delle professioni con le quali i nostri predecessori hanno costruito la storia economica di Pianella.
L'ultima parte è dedicata ai barbieri e mestieri particolari.
BARBIERI.
Tra le botteghe artigiane di antica tradizione sempre attiva è quella del barbiere, che sin dai tempi antichi ha avuto un ruolo importante; soprattutto nei paesi, dove è sempre stata considerata una un piacevole punto di riferimento, ritrovo, per letture di conversazione e perché no anche per spettegolare le “pettalareje” e tajaminde.
Nei tempi passati la barba e il taglio dei capelli non avevano tariffa, per cui l'artigiano barbiere si doveva accontentare dell'offerta del cliente, che dipendeva dalle condizioni economiche e dalla generosità del cliente stesso. C'era fra i barbieri una vera lotta per accaparrarsi i clienti più prestigiosi, avvocati, dottori, professori, benestanti, nobili; anche se alcuni spesso si dimostravano a volte a vari e presuntuosi, facendo pesare la loro posizione sociale. Per far star tranquilli i bambini molti barbieri avevano una poltrona a forma di cavallo.
BARBIERI A PIANELLA DAL 1757 AD OGGI
Biagio Lauriti (1757); Vincenzo Mosca (1784); Domenico Creati (1805); Francesco Verna (1844); Ettore Creati (1869); Luigi Ferrara (?); Antonio Cerasa (1889); Umberto Cicuti (1901); Vincenzo Bufarale (1903); Sabatino Di Girolamo (1910); Silvestro D'Andrea (1915); Carmine Panaccio (1921); Emidio Patanè (1920); Pasquale Di Leonardo (1923); Gabriele Di Battista (1924); Gilberto Giuseppe (1935); Pietro Marco Tullio (1929); Donato Martella 1937; Vinceslao Di Nicolantonio 1933; Paolo Brancato 1944; Antonio Pomposo 1955; Massimiliano Di Giacomo. (?)
Hanno svolto l'attività di barbiere in altre città: Antonio Di Lorito (?); Antonio di Felice (?); Antonio Filardi 1930; Giulio Filardi 1939.
ARNESI DEL BARBIERE
lu paraone = striscia di cuoio per affilare il rasoio; lu rasore = rasoio a mano; lu furbece pe tajà le capelle = forbice per tagliare i capelli; lu pennelle pe’ fa la varve = pennello da barba; la tazzene = tazza per sapone; la machenotte de le capelle = tosatrice per capelli; la preta pomece = pietra pomice per affilare i rasoi ; lu ferma sangue = matite emostatica; la scupotte = la scopetta; la spazzule = spazzola per togliere i capelli; la pumbotte de la ceprie = porta cipria; la pettenosse = pettinessa.
Fino a qualche decennio addietro, durante le festività natalizie, i barbieri donavano alla clientela i famosissimi calendarietti colorati e profumati, talvolta legati con una cordicella alla fine della quale c’era un fiocco. Nella quasi totalità dei casi su quegli opuscoletti le figure stampate, coloratissime, erano foto o disegni di belle e prosperose ragazze, in pose quasi sempre osé, le quali non solo porgevano zuccherosi auguri, con contorno di baci e carezze, ovviamente solo sulla carta, ma fornivano in anteprima il calendario del nuovo anno che stava per venire.
MESTIERI BIZARRI E PARTICOLARI
Oltre ai mestieri precedentemente descritti ve ne sono alcuni veramente singolari esercitati nel passato da pochissime persone: il banditore, colui che si fermava in piazza, all'inizio dei vicoli ‘ngape na ruolle’ dove più persone lo potessero ascoltare, e dava fiato alla cornetta dopo due o tre squilli gridava l'annuncio; spesso si trattava di annunci di films che venivano proiettati al cinema comunale (lu ceneme de Oreste Pagliaricci). Il sabato e domenica films per tutti, il giovedì generalmente film dell'orrore o pornografici, chiaramente vietati. L’annuncio riguardava anche la vendita di carne di seconda scelta detta di bassa macello oppure dell'arrivo del pescivendolo o ancora ricordava tutta la popolazione le scadenze delle varie vaccinazioni: Attenzione, attenzione a tutta la popolazione…
L'ultimo banditore con regolare licenza e stati indimenticabile Martella Francesco, detto ‘Giappone’: ancora oggi dalle mura del nostro paese risuona il ricordo dell'eco della sua inconfondibile voce.
Singolare era il servizio che svolgeva Giuseppe lu serpare negli ultimi anni Rocco Finocchio detto lu Furmecone, ossia i combinatori di matrimonio, in pratica un'agenzia matrimoniale come se ne vede oggi anche in qualche tv.
Altro particolare mestiere e era svolto da un certo ‘Melozze’, l'ombrellaio l’umbrellare, nonché faccendieri per Chieti.
Un accenno particolare merita il servizio svolto da Puca Ciriaco il parcheggiatore, simpatico è il ricordo che si ha di lui in merito ad un cartello dove c'era scritto ‘ par cheggio a paca mento’ o la famosa espressione ‘ pompe non gè ‘ che stava a indicare che la bicicletta che veniva consegnata era già priva di pompa. Una menzione anche al ruolo di guaritrici svolto da una signora detta la “Bongonde” specialista in distorsione, contusioni, malocchi in genere. Il sacrestano, voglio ricordare qui gli ultimi sacrestani di Pianella a partire da un certo Cicuti, lu “Mbiscì , Bettino Filardi, Antonio lu Sacrestane.
Infine, lavori tra arte e mestieri, come quello di impagliatore svolto dall’ indimenticabile “Giamande” o da un certo “Ndreccialene” che pensava ad intrecciare con fili di ferro oggetti di coccio per meglio proteggerli da eventuali lesioni causate da natura diversa.
Il canestraio o cestaio che producevano vari modelli, tra cui contenitori da braccio per la raccolta di sementi e frutti, quelli da spalla, (gerle) per la raccolta e il trasporto di castagne, foglie, carbone e legna. La fabbricazione richiedeva abilità durante la fase di costruzione e disponiblità e competenza nel ricercare il materiale necessario. Le fibre adatte (giunco, canna e vimine) venivano raccolte lungo gli argini dei fiumi.
Per iniziare l'opera il canestraio utilizzava pochi attrezzi essenziali, tra cui cesoie e il coltello, per recidere le fibre adoperate, e il punteruolo per allargare gli interstizi da loro formate durante l'intreccio.
Questa figura non produceva soltanto cesti, ma anche altri prodotti d'uso quotidiano, come gabbie utilizzate per il trasporto d'animali, trappole per uccelli, museruole per vitelli e coperture per le damigiane, all'interno delle quali si conservava il vino.
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