VITTORIO MORELLI.
Nei palazzi gentilizi il servizio di scarico delle acque di risulta partiva da lu cungare, ovvero dal lavandino di cucina in ceramica, in pietra o a mattoni fino a raggiungere gli scoli a cielo aperto e successivamente nelle fognature costruite a botte e a mattoni.
Dai lavori di rifacimento del palazzo Brancadoro nella Piazzetta sono venuti fuori dei cilindri a vaso in terracotta fine, pezzi infilabili l’uno nell’altro: l’imbocco più stretto e l’uscita più larga assomigliante al collo e alla base dei vasetti della marmellata.
Ciò serviva a smaltire l’acqua del lavaggio delle stoviglie, dei piatti.
Per i bagni di servizio, chiamati cessi, si usavano condutture fatte di mattoni sovrapposti: due mattoni cementati con pozzolana alla base del parallelepipedo, due perpendicolari a destra e a sinistra della figura geometrica e due mattoni posti di piatto a mò di coperchio (Palazzo Anelli); la conduttura si immetteva nella cloaca massima ovvero nella rete fognaria, che oltrepassava le mura di cinta del paese e le casemura per sfociare in rigagnoli in aperta campagna.
Le pengiare e le casette risolvevano il problema con i pitali e a chilometro zero, fuori dal casalino, ovvero i rifiuti venivano gettati di notte su strada (vedasi al riguardo lo Statuto di Pianella del 1546 e 1549) e, nel migliore dei casi, trasportati nei campi e negli orti.
L’acqua corrente (potabile, ma molto ricca di calcio e di altri minerali) veniva trasportata per mezzo di conche di rame o di cicinare a collo largo dalle donne che svolgevano le mammasciate presso le case del ceto borghese, portando l’acqua, sulla testa col cercine, da Fontanoli, Fontanelle fino in paese, oppure i vetturali, con asini e muli, trasportavano sul dorso degli animali l’acqua in carratelli e piccole piccole botti.
Sempre le case palaziate erano dotate di cisterne, circa una quindicina; alcune delle quali venivano alimentate dall’acqua di falda (Casa Carosella in Cerratina, Casa di Meo in Nocciano) e dai canali a pengio, che riempivano i pozzi: le cisterne erano vere e proprie opere d’arte in pietra scolpita, dotate di una piccola noria con catena o da una carrucola, che tirava tramite la fune, il secchio in rame o bronzo; l’acqua veniva utilizzata per lavare il piancito, per abbeverare gli animali di stalla e da cortile.
FOTO POZZI E CISTERNE : ARCHIVIO AMA PIANELLA - RICCARDO PIETROLUNGO
FOTO DI COPERTINA E MANUFATTI : ARCHIVIO PRIVATO - REMO DI LEONARDO