L’ABRUZZO IN CUCINA: TESORI AUTUNNALI DIMENTICATI (1) - "LE SORBE"

GABRIELLA SERAFINI.

Passeggiare nei boschi e nelle campagne abruzzesi, in autunno, vuol dire immergersi nella bellezza delle piante che si trasformano assumendo ogni tonalità di colore tra il giallo, l’arancio ed il rosso, vuol dire respirare l’intenso profumo della vegetazione, ma vuol dire anche tornare a casa con un cesto ricco di preziosi frutti antichi. Mele e pere cotogne, sorbe, giuggiole e un’infinita varietà di mele contribuiscono a rendere i nostri territori luoghi di inestimabile valore. L’agricoltura intensiva della frutta ha provocato una diminuzione del numero di specie o di varietà coltivate, attraverso la selezione di alcune specie a scapito di altre, perché più produttive o più resistenti alle malattie, o semplicemente perché più gradite al gusto o più belle esteticamente. Ecco quindi che alcuni frutti, molto comuni fino a poche decine di anni fa, ora sono scomparsi quasi del tutto! Ma le cose stanno cambiando e si assiste ad una valorizzazione sempre più crescente del patrimonio agricolo ed enogastronomico tipico o addirittura di nicchia.
Ernesto Di Renzo sostiene che nella nostra epoca globalizzata si assiste al fenomeno “neo-ruralista” cioè un ritorno all’antico mondo agro-pastorale sia recuperando antichi usi, prodotti, varietà alimentari, sia rivisitando alcune ricette o modi di coltivazione. “L’esperienza del presente mira a promuovere, su scala vieppiù crescente, i paradigmi alimentari del local-food (inteso nella sua duplice valenza di agro- food e di bio-food) a scapito di quelli produzionisti propri della società consumistica gravitante sulle cattedrali della grande distribuzione organizzata”.

Sicuramente ci saranno mille ragioni che spingono oggi alla ricerca di piatti tipici, piante e prodotti unici di un determinato luogo, ma il mio intento è di riallacciare quel legame ancestrale con la nostra terra e di diffondere le pratiche culinarie e i prodotti che usavano i nostri avi. Ecco perchè ho provato a riscoprire lo scrigno di una stagione che conserva frutti quasi del tutto scomparsi con profumi e sapori unici e ineguagliabili.
Complice è l’occasione che ha voluto che sul mio campo ci fossero due piante vecchie che, spaccate e malridotte dal tempo e dalle intemperie, hanno germogliato nuovi polloni e da lì, curati e potati a dovere hanno cominciato la nuova produzione di sorbe, una, e mele cotogne, l’altra. L’uno e l’altro frutto sono da sempre le cenerentole della dispensa sia per il loro sapore appena raccolti, sia perché richiedono particolari cure prima di essere consumati. I frutti del sorbo sono commestibili anche se sulla pianta sono aspri, astringenti e duri: per poter essere mangiati è necessario che siano maturati molto fino a divenire morbidi e scuri. Un tempo venivano conservati in locali freddi e asciutti, sulla paglia (il cosiddetto “ammezzimento”). Questo frutto è l’incarnazione della lenta e continua trasformazione. In una società, dove i tempi della vita sono accelerati, parlare di sorbe e tempi di attesa, sembra anacronistico. Per questo frutto occorre tempo e calma per la maturazione. Sarà per questo che è stato dimenticato. Sono in pochi a conoscerlo, eppure, un tempo, la sorba era molto comune tra pastori e contadini.
Oggi negli appartamenti tutto è più difficile ma non impossibile. I balconi e i terrazzi possono ospitare non solo fiori e arredi di design, ma anche cassette e ceste……che vi daranno il segno dell’abbondanza e delle buone cose di un tempo. Le sorbe, che hanno bisogno di tempo, le sistemate riparate su un balcone o incantina tra le proprie foglie che, seccandosi, formano un buon giaciglio per i frutti. Ogni due o tre giorni bisogna girare i frutti e controllare se si stanno ammezzando e quando sono morbidi e scuri è meglio sistemarli in un cestino a parte fino a farne circa 1 /1,5 Kg.
Le ricette
Con le sorbe e le mele cotogne si possono fare tantissime ricette, ve ne illustro alcune che hanno avuto un successo enorme e che sono riuscite a deliziare i palati più esigenti e gli amanti del bio bio bio….superbiologico!
Per fare la marmellata di sorbe bisogna prima lessarle per circa 15 m., poi passarle al passaverdura in modo da raccogliere solo la polpa e lasciare bucce e semini. Pesare la polpa e unire stesso quantitativo di zucchero. Mettere tutto in una pentola antiaderente e girare fino a quando non si ottiene una marmellata piuttosto corposa e densa. Verso la fine della cottura aggiungere un po’ di cannella. Subito invasare e chiudere ermeticamente. Bisogna stare attenti a non fare rimanere aria nei vasetti, perché la marmellata di sorbe è piuttosto dura. Potete fare crostate, ripieno dei bocconotti, il pane alle sorbe…..; il sapore delle sorbe si avvicina molto al cioccolato e va da sé che con le gocce di cioccolato diventa estremamente invitante per tutti i golosi.
La tradizione si accoppia all’innovazione ed è interessante notare come possono avvenire le trasformazioni. Dalla polpa di sorbe appena raccolta si può fare la farina di sorbe ( credo di aver inventato qualcosa di unico!).
Su un piano si stendono i fogli di carta forno, per staccare più facilmente il prodotto, e su questi si spalma sottilissima la polpa di sorbe che, messa al sole, nel giro di poco tempo (fin quando dura l’esposizione del sole) si asciuga fino ad essiccarsi. Si stacca il prodotto secco e si inserisce in un frullatore fino a renderlo una polvere sottilissima. Ecco fatta la farina, che conservata in un luogo asciutto dura molto tempo.
La farina di sorbe, come gli altri alimenti a base di sorbe, ha azione antibatterica e antimicotica, grazie all’acido malico facilita il rilascio di energia ed è consigliato durante le prestazioni sportive, la presenza di altissimo contenuto di vitamina C produce un forte potere antiossidante.
Allora: quando facciamo le ciambelle e i ciambelloni per la prima colazione o la meranda, uniamo alla farina 00 un 50 % di farina di sorbe. Le nostre nonne avevano ragione: durante l’inverno quando la frutta scarseggia, saranno le sorbe a darci energia!!!

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