La Poesia popolare e gli stornelli a dispetto

22 febbraio 2022, Folklore. GABRIELLA SERAFINI.

La poesia cosiddetta popolare è stata sempre legata alle varie forme della vita pratica, in quanto serviva a precisi scopi, era funzionale a sottolineare momenti della vita: lavoro, matrimonio, battesimo, amore e feste rituali, ma anche per dileggiare vicini e amici che avevano qualche difetto o semplicemente per fare qualche dispetto. Questa caratteristica è molto evidente nello “stornello”, un tipo di poesia, generalmente improvvisata, molto semplice, d'argomento amoroso o satirico, affine alla filastrocca. Lo stornello è tipico dell'Italia centrale, successivamente si è diffuso anche nell' Italia meridionale.

Questo tipo di componimento è costituito da un numero imprecisato di strofe dalla struttura molto semplice. Stilisticamente è caratterizzata da strofe solitamente di tre versi: il primo verso è un quinario, e generalmente contiene l'invocazione ad un fiore; gli altri due sono endecasillabi, di cui il primo è in consonanza ed il secondo in rima col verso d'apertura. In genere questo tipo di componimento viene accompagnato da musica o cantato “sfottò” da balcone a balcone. Gli stornelli a dispetto sono una forma, tipicamente romana, di insultarsi a vicenda e la base del gioco è quella di attendere la fine della strofa senza reagire per poi restituire la cortesia.

Nella nostra regione, pur se non è molto diffusa, riecheggia nei canti e nelle strofe a dispetto che le donne, soprattutto, si lanciavano con fare provocatorio per mettere in evidenza difetti e cattiverie di altre persone.

Nell’attuale panorama di poesia dialettale purtroppo restano pochi esempi, ma resta la vena dello sfottò, il dialogo piccante che troviamo nelle poesie di Di Giambattista o di Mucci. Anche stilisticamente le cose son cambiate, rimane una sorta di eco delle stornellate antiche romanesche. Nell’esempio che riportiamo, lo stornello si apre e si chiude con una sorta di messaggio criptico che prepara a quella che è la sostanza del componimento. Le sei strofe che seguono esprimono una satira pungente ai costumi dell’attuale società, pur non essendoci il dialogo a dispetto, ogni strofa è un dire a dispetto di qualcuno.

Lo stornello di per sé è poesia leggera, è burla canzonatoria che aiuta a vedere i propri mali da un angolo innocente ma tagliente. E’ vero anche che la satira è sempre meno frequente, infatti per poter ridere di se stessi ci vuole intelligenza e coraggio…ingredienti difficili da trovare!

Allora, già che il Carnevale si avvicina……permettiamoci di sghignazzare irriverenti con la STURNELLATE di Gabriella Serafini. 

STURNELLATE

La callare volle e tattavolle,

mo ‘mbunnetece lu pane!

Na sturnellata bbone p’ogne vote

è quelle che vi facce sta serate,

ma nin vulesse allungà la vrote,

sole arcundà di gente scustumate,

chi  nin sa ddice manghe la virgugne:

birbune chi di notte ti l’arsugne!

Sturnellate pi chi mo s’ha arricchite

e nin s’arcorde quelle c’ha passate.

Pi ch’arponne li cinge e li firite

sole all’itre, ma li su l’ha ‘nnascunnate.

Ci mette chi signore vo parè

nghi sese finte e gonne di lamè.

Sturnellate pi quelle chi va ‘rrete,

nda nu matte, a la mode e lu prugresse,

a chi li cose fa ‘nnascoste e rite

p’avantarse ca esse nin è fesse.

Ajjugne pure quelle chi preteche

la pace e appicce sùbbete lu foche.

Queste è na sturnellate a dispette

pi chi finge d’ arcete Ave Mmarije

ma p’ugne prete tè pronte nu ttavette

e sa maleparole a maije a mije.

Ecche ci mette mo sopra a la giostre

chi sta ‘rfricà d’arrete a la finestre.

Na sturnellate pi tutte sta corte,

a chi ancore sa rite e sa pinzà,

a chi s’armbjite na bbella sporte,

a chi  simbre la coccia ritte vo’ purtà.

S’artrove  pure na bella sunate

chi fa finte ca ‘n t’ha ngundrate.

                                        La callare volle e tattavolle,

         mo ‘mbunnetece lu pane!

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