VITTORIO MORELLI.
Dalla tradizione italico-romana, dopo un salto nell’Alto Medioevo, in Abruzzo e Molise riprende la tradizione della coltelleria da cucina, da caccia, dell’attività agricola e artigianale.
Già gli abitanti del paleolitico e del neolitico, agricoltori, pastori, cacciatori utilizzavano le selci per farne punte di lancia, di freccia, rasoi, coltelli per scuoiare gli animali cacciati.
Il seminatore (sator-bubulcus-miles)-bifolco-soldato usava lu vanghene del pungolo per pulire l’aratro,che diventava, in tempo di guerra, il cuspide. la punta di lancia, così il sauroter, all’occasione, veniva trasformato in punta; il falcetto, lu serrocchje, diventava scramasax, corto pugnale.
Dal corno di capra e degli ungulati si ricavavano il bidente, la zappa, il manico di un coltello.
Nel tardo medioevo e nei periodi successivi i fabbri ferrai, oltre a fabbricare armi rudimentali da taglio e da fuoco, riparavano e costruivano fucili, pistole, rasoi, coltelli da castratore, coltellini nettapipe, piccoli strumenti chirurgici. Nel nostro caso parliamo dei coltellai più vicini a noi nel tempo.
A Loreto Aprutino (Pe) degli artigiani ferrai costruivano coltelli a molla detti alla loretese, il gobbo di Loreto; a fine Ottocento Liberatore Leone, maestro coltellaio, risulta zio di un coltellaio, Francesco de Lellis; il figlio Zopito era generale dell’esercito italiano; il nipote di Leone, Francesco, risulta di professione coltellaio; Rossi Antonio, coltellaio e poi ferroviere, figlio di Pasquale e di Acciavatti Concetta, nato il 29 dicembre 1941, è morto nel 2021; risulta l’ultimo coltellaio di Loreto Aprutino, il quale andava da Montesilvano tutti i giovedì a Loreto nel suo laboratorio; nell’ultimo periodo andava a prendere le corna bovine in Albania e le faceva asciugare nel suo laboratorio.
Dell’Oso (a), lu callarare, ramaio, stagnaro, proveniva da Guardiagrele.
A Colonnella (Te), la tradizione della coltelleria è conclusa; c’è solo un fabbro che tiene una piccola collezione di coltelli.
Una volta Colonnella riforniva il circondario teramano da Civitella del Tronto, Teramo, Roseto a Giulianova.
La parte settentrionale del Teramano (Martinsicuro, Alba, Campli, Morrodoro, Tortoreto, Controguerra) con i suoi prodotti ruotava intorno al mercato di Giulianova e di Ascoli Piceno.
-A Guardiegrele (Ch), paese che vanta una lunga tradizione di ramai, stagnari o stagnini, ferrari, riforniva il circondario magellano, Fara S. Martino, Fara Filiorum Petri, Pretoro, Roccamontepiano, Casoli: i Ranieri, i Ferrari, i Capuzzi, i Naccarella ed altri fabbri (i Di Prinzio) costruivano coltelli fino a una ventina di anni fa; i Ferrari detengono una collezione di famiglia di coltelli guardiesi.
Numerosi fabbri ferrai ripartivano il lavoro: coltelleria da cucina, da macelleria, per il porcaro-castratore, per il cerusico, per il cavadenti, per la barberia, da falegnameria, da innesto, da caccia, per il bovaro-bifolco, per il boscaiolo, per la scarperia, per la mascalcia, per la sartoria, per la raccolta delle erbe spontanee; alcuni costruivano il coltellino dell’amore, che la famiglia dello sposo regalava alla sposa.
-A Frosolone (Is), nel paese è rimasta radicata la tradizione dei coltellai: i Fraraccio, i Paolucci, i Petrucci, i de Luca, i Petrunti che hanno continuato la tradizione della coltelleria a livello artigianale e industriale.
Quasi sicuramente Agnone, paese delle campane (ditta fratelli Mari di Torre de’ Passeri), per l’emporio e i fondaci dei Veneziani già dall’anno Mille (quartiere dei Veneziani), era uno “scalo” merci da e per la Dalmazia, Cipro e l’Oriente; viva era la tradizione degli stagnari, ferrari (ferro battuto), dei ramai e dei coltellai, della lavorazione dell’ottone, dell’oro. Oggi è rimasta la tradizione dei campanari e di qualche fabbro ferraio.
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