La canna domestica e i giocattoli di una volta

VITTORIO MORELLI.

Uomo che lavora la canna

La canna domestica rappresentava una risorsa importante per l’economia agricola del passato; con canne spaccate ed intessute si facevano graticci per seccare i fichi, per raccogliere le marrocche nel granaio, per fare delle siepi di protezione o delle pareti dei pollai e dei covile delle pecore.

Canne per appendere i fili di lana appena lavati o colorati, canne per appendere i salami, canne per supportare i telai per asciugare le foglie di tabacco, la canna usata come semplice bastone, le canne per incannizzare il tetto, su cui veniva spalmato dell’argilla prima di coprire il tutto con i pengi, canne per realizzare lamie e tramezzi impastati con argilla, per fare dei capanni, recinti, la cannizzata, giacigli, controsoffittature, bastoni, canne da pesca, mollette per panni, supporti per piante orticole, per produrre biomassa.

Con i listelli di canna si costruivano ceste, canestri, cajoni (grossi cesti) per il fieno e la paglia, culle.

De lu cannizze, canneto, piantagione spontanea della canna domestica, non si buttava nulla, tanto che il canneto era censito nei Catasti e soggetti alla tassazione; le foglie di canna (la frossce de canne) venivano raccolte per il bestiame.

Gli anellini di bambagia, posti tra un anello e l’altro, venivano usati per tamponare e cauterizzare le piccole ferite.

Cesto di canna

Il pastore o mandriano, per ammazzare il tempo, tagliava alcune canne per fare degli zufoli, anche dei giocattoli.

Alcuni pezzi, di canna e  legno, erano diversi da località a località e venivano costruiti e  utilizzati nel periodo della Passione: lu kirre kirre e/o valichire era l’unico strumento che interrompeva il silenzio pasquale dal giovedì santo, a tutto il venerdì e il sabato. Imitava il gracidare delle rane, lo stridere e il battere dei martelletti a mo’ di gualchiera.

La valechire, rumore prodotto da due martelletti che battono su una tavoletta di legno.

Lu kirre kirre, voce onomatopeica, simile alla racanella, derivante dallo stridere di una ruota dentata in legno contro una canna spaccata.

La racanelle, piccola rana, il cui suono imita il gracidare delle rane.

La raganella - La racanelle

Lu ciùfele, lo zufolo o piffero; un pezzo di canna veniva traforato, la sommità veniva appuntita simile all’imboccatura di un flauto. Emetteva fischi e suoni dolci. E’ l’antesignano del flauto. La sdjarrazze, pezzo di canna appuntito per nettare le scarpe dal fango. La canna fisthje, canna di palude, che fischia come alle folate di vento.

Foglia dell’arundo, canna domestica, di cui un pezzetto veniva imboccato e soffiato per emettere suoni.

L'utilizzo della canna domestica viene rivisitato in chiave moderna: l'artista Giuseppe Di Iorio ha esposto una serie di lavori al Convitto Nazionale di G. B. Vico di Chieti, in particolare presepi, personaggi, ambienti ed altre raffigurazioni con listelli di canna cuciti e incollati con doviziosa pazienza e gusto. E' superfluo ricordare che la canna domestica può essere utilizzata nell'edilizia per insonorizzare e isolare le pareti dall'umidità, dai rumori, dalla escursione termica.

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