ADES SEI QUI – POESIA DI MARIO LUZI -COMMENTO DI MARCO TABELLIONE

MARCO TABELLIONE.

Ades, sei qui 
nel bosco, nel silenzio, 
nel frastuono d'aria 
alto del mezzogiorno. 
Ci sei intensamente, 
ci sei fino a tal punto 
da parere che tu manchi, 
occultato nell'istante,
inabissato nel presente,
unito così al mondo 
che ti prende
tutto, fino all' annientamento, 
però ti regala il dove e il quando
numine il sole; quasi 
lucertolescamente, oh hic, oh nunc.

Con Sotto specie umana (1999) Luzi ha realizzato uno dei suoi ultimi capolavori, in grado di illuminare il rapporto dell’uomo con la vita e con il tempo. All’interno della raccolta vi sono alcuni componimenti che si ergono come fari, capolavori assoluti, a cui il grande poeta ha dato vita in piena vecchiaia, dimostrando una vitalità creativa e intellettuale di forte impatto. La poesia, che inizia con un monito in latino “Ades”, verbo che sta a significare alla seconda persona “sei qui”, sei presente, è sicuramente una delle più pregnanti dell’intera raccolta.

La presenza dell’uomo nel silenzio, nell’attimo infinitesimale è totale, come se solo questa presenza potesse dargli significato. “Ci sei intensamente fino a parere che tu manchi”, qui Luzi descrive il superamento di sé stessi, della propria linea egoica, superamento che è una delle conseguenze principali di un’esperienza di contemplazione, come quella che sembra descrivere la poesia. E questa presenza è piena fino all’annientamento, perché essa è il risultato finale di una resa totale al mondo, una totale riconsegna di sé alla condizione universale dell’essere. Ed è appunto in questa grande scelta finale di resa al mondo, di abbandono alla condizione universale dell’essere che la poesia di Luzi trova il suo momento culminante. Perché è proprio seguendo questa resa totale, di cui parlano grandi  filosofi di tutti i tempi, da Sant’Agostino a Jaspers (tanto per citarne due), che l’individuo può arrivare davvero a sostenere di esserci, di godere del qui ed ora, di godere di una presenza autentica, che è presenza individuale ma nel contempo collettiva.

In pochi versi Luzi ci ha fornito una chiave esistenziale, lo ha fatto alla maniera della poesia, con domande e stupori sulla condizione dell’istante, lo ha fatto non tanto con le armi della referenza retorica, ma mediante una gestione sensoriale che si fa sapienza. In Luzi la poesia dispiega tutto il suo potenziale, torna ad essere principio di creazione, come nelle costruzioni idealistiche e immaginative dei primitivi, i primi grandi fantasiosi dell’umanità che hanno creato i miti su cui ancora ci basiamo. Luzi prova qui a dare vita al mito dell’attimo, a darne una prova autentica, sottratta dalla retorica che ha finito per appiattire il carpe diem oraziano, all’attimo fuggente di una visione superficiale e fugace. Con Luzi l’istante recupera la sua profondità, la sua vocazione all’eternità, come nella visione di sant’Agostino, per il quale è evidente che il tempo non esiste, essendo una nostra invenzione (“il tempo è un’estensione dello spirito” sostiene il Padre della Chiesa nelle Confessioni), ma proprio per questo l’uomo può far esperienza dell’eternità nell’istante, cioè nello scorrere perenne del presente.

Non è forzato vedere in questa poesia di Luzi un’applicazione artistica del pensiero di sant’Agostino. Se il tempo è una estensione dello spirito, allora lo spirito così come ha creato la prigione del tempo se ne può liberare e dare vita all’eternità come sua estensione, espansione del pensiero umano. Ed in fondo questa è anche la finalità della bellissima poesia di Luzi.     

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