DANTE MARIANACCI.
La poesia come salvezza, libertà, solidarietà e pace
“Libertà va cercando ch’è sì cara,
come sa chi per lei vita rifiuta”
Dante Alighieri
Dopo l’epigrafe dantesca, vorrei iniziare questa breve nota con una splendida poesia di Mario Luzi, uno dei più grandi del nostro Novecento, dalla quale ho preso lo spunto per il titolo di questa breve nota:
Vola alta, parola, cresci in profondità,
tocca nadir e zenith della tua significazione,
giacché talvolta lo puoi – sogno che la cosa esclami
nel buio della mente –
però non separarti da me, non arrivare,
ti prego, a quel celestiale appuntamento
da sola, senza il caldo di me
o almeno il mio ricordo, sii
luce, non disabitata trasparenza …
La cosa e la sua anima? O la mia e la sua sofferenza?
Quanto attuale suona il componimento di Luzi in questo nostro tempo, in questi mesi, in questi giorni, così confusi, così travagliati, in cui, tra guerre e pandemie, si è fatto, si sta facendo, un uso smodato di parole in libertà, e sentiamo forte la necessità che la parola torni a volare alta. E la parola può volare alta solo con la poesia, perché che cos’è la poesia, che cos’è il poeta? Il premio Nobel Seamus Heaney diceva che il poeta è come “un’antenna che capta le voci del mondo, un medium che esprime il proprio e l’altrui inconscio.”
Alcuni giorni fa ho partecipato all’Aquila alla cerimonia conclusiva della XXI edizione del Premio intitolato a Laudomia Bonanni, dove, ahimè, forse per l’età avanzata, ho ricevuto il premio alla carriera. C’era, come ospite d’onore, il poeta ucraino (che ora vive in America) Ilya Kaminsky, il quale ha detto, tra l’altro, “La poesia sconfiggerà la guerra”. C’è tanto da meditare su questa frase, che non è affatto una boutade, ma raccoglie una moltitudine di significati.
La poesia non è solo ristoro dell'anima, la poesia non è solo una grande fucina di emozioni, la poesia non è solo "un divertimento di qualità superiore", come diceva un grande poeta anglo-americano, che fa volare alta la parola, ma può anche, in certi casi estremi, condurre all'esilio: Ovidio, Josif Brodskij, tanto per fare due esempi, per non dire di Salmon Rushdie, che ha scritto di recente: “Il linguaggio e l’immaginazione non possono essere imprigionati.” Brodskij fu incarcerato perché scriveva poesie e quindi era, secondo i suoi inquisitori, un nullafacente. Poi, in esilio, ricevette il premio Nobel. La poesia può condurre perfino alla morte, e/o anche all'immortalità. Quando ero a Edimburgo, proprio negli anni di inizio di questo nuovo millennio, ricordo che una sezione del Festival internazionale della letteratura, curata dal Pen Club Internazionale, era riservata agli scrittori incarcerati, ed erano molti, e molti ancora ce ne sono. Ma la poesia è anche un formidabile strumento di conoscenza, un formidabile strumento di comunicazione, un formidabile strumento di libertà e di pace, che travalica tutti i confini. Mi è capitato, in giro per il mondo, di organizzare tanti eventi dedicati alla poesia (anche festival, come quelli di Budapest, Vienna, Edimburgo, Il Cairo) e ovunque la poesia si è rivelata un formidabile strumento anche di solidarietà. Con un evento che organizzammo al Cairo, La poesia ci salverà, a cui parteciparono numerosi poeti dall’Europa, dall’Egitto e di altri paesi dell’Africa del Nord, riuscimmo perfino a raccogliere una rilevante somma per aiutare i bambini ricoverati in un ospedale pediatrico oncologico della capitale egiziana, che aveva un numero per nome, 57357, ma era, ed è, il più importante di tutta l’area africana.
E allora vorrei concludere questa breve nota, un poco estemporanea, con una poesia, che io amo molto, di un poeta armeno, che si chiama Daniel Varujan, assassinato poco più che trentenne, nel 1915, durante il genocidio degli armeni. È una poesia sull'amore, sulla fertilità, sulla libertà, sulla pace soprattutto, che mi sembra, a più di cento anni da quando è stata scritta, di struggente attualità.
S'intitola Benedizione per i campi dei quattro angoli del mondo ed è contenuta nella raccolta Il canto del pane (Guerrini e Associati, 2004), curata dalla nota scrittrice di origine armena Antonia Arslan:
Nelle plaghe dell'Oriente
sia pace sulla terra...
Non più sangue, ma sudore
irrori le vene dei campi,
e al tocco della campana di ogni paese
sia un canto di benedizione.
Nelle plaghe dell'Occidente
sia fertilità sulla terra...
che da ogni stella sgorghi la rugiada
e ogni spiga si fonda in oro,
e quando gli agnelli pascoleranno sul monte
germoglino e fioriscano le zolle.
Nelle plaghe dell'Aquilone
sia pienezza sulla terra ...
che nel mare d'oro del grano
nuoti la falce senza posa,
e quando i granai s'apriranno al frumento
si espanda la gioia.
Nelle plaghe del Meridione
sia ricca di frutti la terra ...
Fiorisca il miele degli alveari,
trabocchi dalle coppe il vino,
e quando le spose impasteranno il pane buono
sia il canto dell'amore.
DAL CATALOGO DEL PREMIO NAZIONALE DI POESIA "GIUSEPPE PORTO" E DI LETTERE, ARTE E SCIENZE "CITTA' DI PIANELLA" , EDIZIONE DICEMBRE 2022.