La tradizione del Carnevale in Abruzzo

REMO DI LEONARDO.

1 Marzo, 2022 - Folklore - Cultura -

Il carnevale nella tradizione popolare abruzzese è strettamente legate alla cultura religiosa, in quanto collegato alla Pasqua, che cade sempre la prima domenica di Primavera, che è quella dopo la prima luna piena primaverile. Dalla domenica di Pasqua si contano a ritroso 6 settimane di cui 5 di Quaresima e da lì una settimana prima si ottiene la data di inizio del Carnevale.

Anche se il legame alle antiche usanze cristiane è molto forte, tanto che lo troviamo nel nome Carnevale, dal latino carnem levare, che stava ad indicare il termine ultimo in cui era possibile mangiare carne prima dell’astinenza dovuta al periodo di Quaresima, in alcuni aspetti del cerimoniale tipico del Carnevale, ritroviamo anche echi delle feste pagane degli antichi romani, che ancora oggi si intrecciano nei diversi modi di festeggiare il Carnevale.

Un tempo in Abruzzo, regione di antica cultura e tradizioni, il Carnevale era la festa per eccellenza, con forti valenze simboliche che celebrava la conclusione del ciclo delle festività di fine anno. Un periodo di tempo che iniziava con il Sant'Antonio Abate, anch'essa antica festa contadina, che si ricollega alle altre feste abruzzesi di fuochi invernali e terminava con il martedì grasso.

Numerose sono le città e i paesi che con carri allegorici, sfilate, musiche, balli e rievocazione di tradizioni antiche animano i loro viali e le loro piazze.  

In diversi comuni vi è ancora  l’usanza di bruciare i fantocci di cartapesta rappresentanti la Vecchia o il Carnevale che un tempo veniva precedentemente processato secondo un rituale teso ad esorcizzare l’anno trascorso con quanto di negativo si voleva distruggere auspicando il passaggio alla bella stagione la primavera con la rinascita della natura.

Il più antico è il Carnevale di Francavilla al Mare. Il Patanello, la maschera tradizionale è nato dal pennello e l’estro di un pittore napoletano, E. Caiati, che amava villeggiare sulla costa abruzzese ed era affascinato dalla storia del ciabattino che faceva anche il sagrestano, "zi' patane" vissuto realmente tra fine ‘800 e inizio ‘900, un tipo molto goliardico, che amava fare scherzi e baldoria girando per le osterie. La prima edizione risale al 1956 con un carro a forma di disco volante e tanti alieni attorno.

Caratteristico è il Carnevale che si svolge a Città Sant’Angelo che oltre a vivaci e stravaganti sfilate di musicisti, danzatori e con un allegro corteo che si snoda per le strade rielaborando i temi classici della festa, ripropone la  tradizionale maschera di  “Ndirucce”, inventata da Antero De Tollis un semplice calzolaio vissuto in paese a fine ottocento che si divertiva a declamare al centro del paese i suoi sonetti detti     “ttavitte” che miravano a prendere in giro semplici cittadini e personaggi pubblici e a raccontare i fatti accaduti durante l’anno. ‘Ndirucce il giorno di carnevale saliva “in cattedra” in Piazza Garibaldi e a suon di “ttavitte” (sonetti in rima baciata con ritmo e musica d’accompagnamento) riportava fatti e notizie scandalistiche angolane, prendendosi gioco anche dei “personaggi” cittadini.

Queste suddette tradizioni carnevalesche richiamano sicuramente nella mente dei pianellesi la tradizionale manifestazione lu Bbongiorne che si svolge tra la nottedi Pasqua e il Lunedì dell’Angelo quando, uno o più canterini, accompagnati da un’orchestrina, si recano per le vie del paese salutando con strofe in rima dal contenuto provocatorio ed ironico tutte le famiglie, quasi a voler ufficializzare le dicerie ricorrenti e quella del pomeriggio di Pasqua, con le sue giullarate e La Predeche de S. Zelvestre, una sorta di satira originale su vizi e virtù del popolo pianellese e dei politici locali.

Anche a Pianella il carnevale ha una sua tradizione, infatti, risale a domenica 1 marzo 1987 la prima volta che per iniziativa della Parrocchia dei carmelitani, parroco Padre Matteo Palumbo, all’interno del progetto NIP (Nuova Immagine di Parrocchia), un fiume di colori riempì le strade del paese con carri allegorici venuti dai quartieri e dalle contrade, sfilando in un carosello di maschere e suoni, “tutto fatto in casa”.

Dopo l’assenza dello scorso anno, dovuta alla tragedia di Rigopiano, quest’anno le associazioni locali, con il patrocinio dell’amministrazione comunale, hanno riproposto la sfilata dei carri e delle maschere per la festa di “ Carnevale insieme”.

Tutto è iniziato nel pomeriggio, quando alle 14,30 da Via Martiri Ungheresi sono partiti i carri allegorici che hanno attraversato il viale principale per poi fermarsi in piazza Garibaldi. I Carri hanno fatto da apripista al corteo di maschere con musica e balli facendo trascorrere una giornata spensierata ed in allegria.

Ciascun carro si è presentato con un tema ben definito: I pirati dei caraibi, Il Re Leone, I puffi, I supereroi.

Un successo che si ripete ormai da diversi anni proponendosi, con questa edizione, come riferimento per tutto il circondario dell’area vestina.

Il carnevale è tradizionalmente il periodo della festa, dello scherzo, del gioco, dell’abbondanza prima dei quaranta giorni della quaresima che preparano alla Pasqua e impongono invece digiuno.

Ecco allora che mangiare più del solito, soprattutto cibi grassi e fritti, a carnevale fa da contraltare al mangiare poco e di magro della successiva quaresima.

Dal giovedì grasso al martedì di carnevale, la cucina abruzzese in particolare nel pescarese e nel chietino è ricca di piatti particolarmente saporiti e gustosi, con elaborazioni semplici o complesse che vengono tradizionalmente preparati per questa occasione. Il pranzo di carnevale è a base di ravioli (ravihule) di ricotta (o carne macinata come piaceva farli a mia madre) conditi con sugo a base di carne di maiale, mentre per la domenica “grassa” si gustano le scrippelle, scrippelle mbusse, (bagnate) che nel teramano vengono accompagnate da un leggero brodo di pollo; mentre i secondi piatti sono a base di salsicce (sacicce) e carne mista al ragù, o braciole di maiale.

A farla da padrone, ovviamente, sono  i dolci in particolare quelli fritti nello strutto, lu strutte, o nell'olio rigorosamente d'oliva per un risultato più leggero e digeribile:  cicirchiatechiacchiere, castagnole, tarallucce e  turcinielle.

PROVERBI, MODI DI DIRE E POESIE IN VERNACOLO PIANELLESE :

A Carnevale ugne scherze vale

A carnevale, ogni scherzo vale.

Carnevale pe’ ttè, quaroseme pe’ l’ijtre

Carnevale per te, quaresima per gli altri

Carnevale valènde valènde, huije la carne dumane la lènde.

Carnevale valente valente, oggi la carne domani la lenticchie.

L’amore de carnevale more a la quaroseme

L'amore di carnevale muore in quaresima.

Quande lu padre fa carnevale a le feje j’attocche a ffà quaroseme

Quando il padre fa carnevale , ai figli tocca far quaresima.

A Carnevale se arecunosce che te’  la hallena grasse”

A Carnevale si conosce chi ha la gallina grassa

Che se marete male nen fa mi’ Carnevale”

Chi si marita male non fa mai Carnevale

Natale senza denare, Carnevale senza fame, Pasqua senza devuzijone”

Natale senza denari, Carnevale senz’appetito, Pasqua senza devozione

Carnevale nghe lu sole, Pasqua a molle

Carnevale con il sole, Pasqua a molle.

LE CASTAGNOLE

 “Fenete Carnevale, fenete amore,

fenete a ffà la pacchie da segnore,

fenete de setaccià farene ‘n fiore

hi' fenete de magnà le castagnole”.

LA CICIRCHIATE (dolce tipico di carnevale)

A fa ‘la cicirchiate è nu sfezie. 

Abbijome  dall’inizie: 

a da fa’pe’ preme ‘ na pasta sopraffene,

e dapù ’ tajele a pallene, 

nghe ‘na bona ‘nfarenate.

E daje  a freje… Già t’e straccate? 

Quoste è la parte chiù ‘mburtande! 

Mò ce vo’: miele abbundande. 

N’à fenete angore, aspiette! 

Sa da motte le cunbiette:

aggrazzijate, piccirielle, culurate:

le diavulette… Ma che ‘nberne, è Paradese!

Jamme, falle nu surrese! 

Gna dece? “Mamma mie

è troppe calureie 

ànne è  pesande, fanne male?” 

‘Sce va bbone, ma è Carnevale!

Pubblicato su "LACERBA" 4 Marzo 2018

Foto : Ama Pianella

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